Il carcere di Poggioreale, già noto per le sue condizioni disumane, si trova di nuovo sotto i riflettori a causa dei recenti dati sui suicidi tra i detenuti. Secondo don Franco Esposito, direttore della Pastorale Carceraria della Chiesa di Napoli e cappellano del carcere, la situazione è “atroce”, anche se non unica nel suo genere.
In un’intervista a LaPresse, don Esposito ha dichiarato: “Non credo che Poggioreale sia il peggiore carcere. Ce ne sono altri sullo stesso livello, come Regina Coeli, San Vittore, Enna e molti altri”. Attualmente, Poggioreale registra tre suicidi nel 2024, il che evidenzia la grave crisi che affligge questa struttura penitenziaria.
Il problema principale, secondo don Esposito, è il sovraffollamento estremo: “Ci sono oltre 2.060 detenuti in un carcere progettato per 1.200 persone”, ha spiegato. “Questa sovraffollamento porta inevitabilmente a conseguenze disastrose. Non ci sono attività rieducative significative; quelle poche che vengono svolte coinvolgono al massimo 300 detenuti, inclusi quelli che lavorano. Gli altri restano rinchiusi nelle loro celle. Ci sono solo due psicologi per un gran numero di detenuti e 18 educatori. Queste carenze sono evidenti, ma sembra che la politica sia insensibile e sorda di fronte a queste problematiche”.
Secondo don Esposito, Poggioreale rappresenta un simbolo del fallimento del sistema carcerario attuale: “Il carcere di per sé è contrario all’uomo, è anti-cristiano e anti-umano. Un carcere come questo dovrebbe essere chiuso”. Oltre al suo ruolo di direttore della Pastorale Carceraria della Diocesi di Napoli, don Esposito è presidente dell’associazione di volontariato Liberi di Volare, che gestisce una casa di accoglienza per ex detenuti. Ha evidenziato il successo di questa iniziativa nel reinserimento di centinaia di ex detenuti nella società e nel mondo del lavoro dopo aver scontato la pena.
“Tuttavia, questo è solo un piccolo successo in confronto alla vastità del problema carcerario”, ha aggiunto. “Noi continuiamo a perseguire la nostra missione per dimostrare che è possibile affrontare la questione carceraria in modo diverso, producendo effettiva rieducazione e reintegrazione, come richiesto dalla Costituzione. Ma gestiamo questa struttura solo grazie all’8 per mille alla Chiesa, mentre lo Stato non ci fornisce alcun supporto finanziario. Le misure alternative al carcere sono ignorate, mentre si spendono oltre 200 euro al giorno per ogni detenuto in carcere”.
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