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Camorra ed ex banda della Magliana: 16 arresti a Roma. Indagato anche Bresciani ex calciatore del Napoli

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Il figlio dell’ex storico esponente della banda della Magliana, Enrico Nicoletti, e il figlio di Michele Senese, ritenuto il capo della camorra a Roma.

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Ci sono anche loro due, Antonio Nicoletti e Vincenzo Senese, nella maxi operazione della Dia e dalla Dda di Roma, che ha portato a 18 misure cautelari e al sequestro di 131 milioni di euro. Misura cautelare anche per il produttore cinematografico Daniele Muscariello e il manager musicale Angelo Calculli. Arrestati anche Roberto Macori e Salvatore D’Amico e il figlio Umberto e Umberto Luongo legati al potente clan Mazzarella.

Il provvedimento è stato richiesto dagli inquirenti della Direzione investigativa antimafia in coordinamento con la Dda della Capitale. Nel complesso sono finite in carcere 16 persone ed altre due sono andate agli arresti domiciliari. Inoltre sono stati eseguiti sequestri per oltre 131 milioni di euro.

Arrestati i figli di Nicoletti e Senese

Le accuse contestate a vario titolo e a seconda delle posizioni sono di associazione a delinquere con l’aggravante mafiosa, finalizzata a commettere reati di estorsione, usura, armi, fittizia intestazione di beni, riciclaggio, autoriciclaggio e reimpiego in attività economiche di proventi illeciti, aggravati dalla finalità di aver agevoltato i clan di camorra Mazzarella-D’Amico, delle cosche della ‘ndrangheta Mancuso e Mazzaferro e del clan Senese.

L’inchiesta della Dia e della Dda per cui oggi sono stati eseguiti 18 arresti è stata avviata nel 2018 seguendo una serie di operazioni di riciclaggio, in diverse attività, dalla cinematografia all’edilizia, dalla logistica al commercio di auto e di idrocarburi. Servendosi di numerose società di facciata per le false fatturazioni.

 In manette anche Salvatore D’Amico, il figlio e Umberto Luongo del clan Mazzarella

La contestazione degli inquirenti riguarda sono Antonio Nicoletti, figlio di Enrico Nicoletti, e Pasquale Lombardi, insieme a soggetti come Salvatore D’Amico Salvatore e il figlio Umberto, e Umberto Luongo. Nel contesto invece delle società “cartiere”, intestate a prestanome attraverso le quali riciclare, è emersa la figura del produttore cinematografico Daniele Miscariello nella veste di fiduciario degli stessi clan e del manager musicale Angelo Calculli.

Nuovi accertamenti hanno fatto emergere gli affari nel commercio illecito degli idrocarburi. In questo filone sono chiamati in causa come capo e promotore, tra gli altri, Vincenzo Senese, figlio di Michele. Le indagini del Nucleo polizia economica e finanziaria della Gdf di Roma hanno poi chiarito i diversi episodi di estorsione ed usura.

In questo ambito, è emersa la riserva di violenza delle due associazioni, sia per la forza di intimidazione derivante dagli stretti legami con le organizzazioni criminali mafiose che per l’immediata disponibilità di armi da guerra e comuni da sparo. Nel complesso il giudice delle indagini preliminari ha disposto il sequestro preventivo ai fini della confisca di tre società attive nel settore cinematografico e il sequestro di oltre 130 milioni di euro nei confronti di 57 indagati.

Nell’indagine, coordinata dall’ aggiunto Ilaria Calò, sono stati raccolti elementi indiziari sull’esistenza di due distinte organizzazioni criminali che “riciclavano ingenti profitti, infiltrando progressivamente attività imprenditoriali in apparenza legali operanti in molteplici campi” come “la cinematografia, l’edilizia, la logistica, il commercio di autovetture e di idrocarburi”, spiega una nota della Procura di Roma.

Nel corso delle indagini, partite nel 2018, sono emerse “convergenza di interessi di mafie storiche e nuove mafie e in particolare del clan D’Amico-Mazzarella, e delle cosche calabresi Mancuso e Mazzaferro e della famiglia Senese – prosegue la nota – nel settore del commercio illecito degli idrocarburi, raccogliendo gravi indizi circa l’esistenza di un’altra autonoma associazione criminale, collegata alla prima, operante sulla capitale e ramificata in altre regioni del Paese”.

“In termini di gravità indiziaria – si legge – contestualmente ai reati di natura economico-finanziaria, circostanziati anche dalle attività di accertamento fiscale delegate al Nucleo Pef della Guardia di Finanza di Roma, i componenti delle due organizzazioni sono risultati anche dediti alla commissione di una serie di delitti in qualche modo strumentali ai primi (delitti di estorsione e usura) tanto per regolare partite di dare e avere tra loro o con terzi quanto per legare a sé gli imprenditori indispensabili per alimentare l’illecito profitto.

In tale ambito, emergeva la riserva di violenza delle due associazioni, sia per la forza di intimidazione derivante dagli stretti legami con le organizzazioni criminali mafiose che per l’immediata disponibilità di armi da guerra e comuni da sparo”.

 Indagato anche l’ex calciatore del Napoli, Giorgio Bresciani

Nell’inchiesta risulta indagato, con l’accusa di riciclaggio anche, l’ex giocatore di serie A del Bologna e del Napoli, Giorgio Bresciani, che risiede a Pomezia. Il nome di Bresciani, è emerso dalle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia che ha raccontato agli inquirenti della DDA di Roma.

“Tramite Daniele” Muscariello – “incontravamo Pasquale, Roberto, il figlio di Senese, Alberto Viola, Coppola Alberto, Stefano De Angelis, Bresciani, Giovanni Festa (che veniva con Umberto D’Amico detto ‘o puorco ), Massimo con la barba (arrestato per un ‘evasione di 3 milioni di euro e altri). Daniele ha gli uffici a Roma.

Salvatore Pezzella lavorava con l’IVA a Roma con Andrea Salsiccia e De Angelis e noi lo abbiamo bloccato a Napoli dicendo che doveva “favorire” anche noi. Così gli abbiamo affidato 100.000 euro e lui ha iniziato a restituirci 5000 euro a settimana. O meglio portava 105.000 euro, ma 100.000 venivano reinvestiti.

Noi lo abbiamo minacciato che avremmo chiuso il bar del fratello Giovanni e la mamma e le sorelle sono venute da me dicendo che mi avrebbero denunciato e che avevano dei video che mi riprendevano. Io effettivamente ero andato al bar per chiuderlo. Poi ci siamo accordati con Salvatore perché aveva paura.

Noi abbiamo così aperto con Salvatore Pezzella un altro canale per investire il denaro provento del traffico di droga. Salvatore Pezzella e Muscariello, che all’inizio lavoravano insieme, poi si erano bisticciati e siamo stati noi a farli riappacificare”.




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