“Abbiamo iniziato a discutere. Mi ha detto che ero troppo dipendente, troppo appiccicoso con lei. Voleva andare avanti, stava creando nuove relazioni, si stava sentendo con un altro ragazzo”. È il primo dicembre 2023 quando Filippo Turetta viene ascoltato in carcere dal pm Andrea Petroni. Il 22enne è in carcere, in attesa del processo che inizierà il prossimo 15 luglio, per aver ucciso la ex fidanzata, Giulia Cecchettin, uccisa con 75 coltellate la sera dell’11 novembre 2023 tra Vigonovo e la zona industriale di Fossò.
Al pm racconta il femminicidio, nel corso dell’interrogatorio quando ha confessato il delitto, il cui verbale è stato rivelato da ‘Quarto Grado’ andata in onda venerdì 21 giugno.L’11 novembre, i due si erano sentiti ed erano andati a fare un giro al centro commerciale Nave de Vero, a Marghera, poi di sera, verso le 23, vanno via. La Punto di Turetta si ferma in un parcheggio a Vigonovo, in provincia di Padova, poco distante da casa di lei. Il 22enne racconta di aver avuto dei regali da dare a Cecchettin, ma che lei ha rifiutato. Tra questi anche il libro “Anche i mostri si lavano i denti”, trovato poco distante dal corpo senza vita della ragazza. “Si è rifiutata di prenderlo”.
È in quel momento che inizia la discussione tra i due. Giulia Cecchettin gli dice che è “invadente”, “appiccicoso”. Scende all’auto, cercando una via di fuga. “Ero molto arrabbiato. Prima di uscire anche io ho preso un coltello dalla parte posteriore del sedile del guidatore”. Turetta la insegue: “L’ho rincorsa, l’ho afferrata per un braccio tenendo il coltello nella destra. Lei urlava: ‘Aiuto’ ed è caduta – prosegue Turetta – Mi sono abbassato su di lei, le ho dato un colpo sul braccio. Mi pare di ricordare che il coltello si sia rotto subito dopo. L’ho presa per le spalle mentre era per terra. Lei resisteva, ha sbattuto la testa. L’ho caricata sul sedile posteriore”.
“Le ho dato una decina, dodici, tredici colpi con il coltello – afferma – Volevo colpirla al collo, alle spalle, sulla testa, sulla faccia e poi sulle braccia. Mi ricordo che era rivolta all’insù verso di me. Si proteggeva con le braccia dove la stavo colpendo. L’ultima coltellata che le ho dato era sull’occhio. La guardavo, era come se non ci fosse più”. Turetta ripercorre così le tappe dell’aggressione che ha portato al femminicidio di Cecccettin. Dopo le prime coltellate, lui la prende e la carica in macchina, sul sedile posteriore. “Mentre eravamo in macchina ha iniziato a dirmi: ‘Sei pazzo, lasciami andare, cosa stai facendo’, prosegue Turetta, che in quel momento ha “provato a metterle lo scotch sulla bocca”.
“Si dimenava, è scesa e ha iniziato a correre. Anche io sono sceso”, armato di coltello, il secondo, dopo aver lasciato cadere il primo a Vigonovo. “Ho preso l’altro e l’ho rincorsa”. Giulia Cecchettin è morta, Turetta la carica di nuovo in auto e inizia la sua fuga verso il lago di Barcis dove abbandonerà il cadavere della ragazza prima di scappare verso la Germania, dove è stato fermato e arrestato. “Volevo togliermi la vita, ma non ci sono riuscito”, dice al magistrato. Ai magistrati Turetta dice che il suo è stato un raptus, per gli inquirenti, invece, vi era premeditazione. Dalle analisi del suo cellulare è emerso un elenco di ‘cose da fare’: “Fare il pieno, controllare sportelli, ferramenta, lacci di scarpe, calzini, sacchetti immondizia, nastro adesivo, legare sopra caviglie e sopra ginocchia, spugna bagnata in bocca, coltello”.
Articolo pubblicato il giorno 22 Giugno 2024 - 20:44