A San Paolo Belsito, in provincia di Napoli, l’11 giugno 2004, vengono uccisi dalla camorra Antonio Graziano e il nipote Francesco, incensurati; entrambi, vittime innocenti di una vendetta trasversale tra due clan rivali, i Cava e i Graziano, gestivano dei supermercati in provincia di Avellino.
A penalizzarli è stato il loro cognome che li riconduceva a una famiglia coinvolta nelle lotte per l’egemonia territoriale, benché estranei a tutte le dinamiche criminali. Francesco lasciò la moglie, Costanza, e due bambine piccole.
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani ricorda, attraverso le parole dello studente Giuseppe Carchivi, classe III sez. C del Liceo scientifico “Filolao” di Crotone, li ricorda per sottolineare che molte volte il grado di parentela non significa necessariamente un sistema in cui non ci si riconosce e lontano dai propri valori.
“Durante la mattina dell’11 giugno del 2004, mentre si recano come ogni giorno al lavoro nel loro supermercato di Nola, Antonio Graziano, 58 anni, e suo nipote Francesco Graziano, 32 anni, vengono brutalmente uccisi in un agguato di stampo camorristico. Antonio era un emigrante che, dopo aver fatto fortuna in Sudamerica, era tornato in patria a metà degli anni Ottanta per avviare un’attività commerciale.
Era il proprietario di un noto supermercato a Nola, molto apprezzato per la qualità dei prodotti e il servizio offerto alla clientela. La sua vita, come quella di suo nipote Francesco, era dedicata al lavoro onesto e lontana da qualsiasi coinvolgimento criminale.
Ogni mattina, Antonio e Francesco percorrevano la stessa strada per raggiungere il loro supermercato e per anni, il loro tragitto non aveva mai presentato problemi, ma quella mattina di giugno sarebbe stata diversa.
Nonostante le forze dell’ordine li avessero messi in guardia, avvertendoli che potevano essere bersagli di una vendetta trasversale, entrambi erano fermamente convinti di non avere nulla a che fare con le dinamiche criminali presenti in città.
Antonio e Francesco si consideravano semplicemente dei lavoratori onesti, immersi nella routine quotidiana del loro impegno. Purtroppo, le loro convinzioni non bastarono a proteggerli, infatti, mentre attraversavano San Paolo Bel Sito, la loro auto venne bloccata in uno spazio angusto, da cui era praticamente impossibile fuggire.
L’agguato, eseguito da alcuni membri di una famiglia camorrista locale, fu feroce e spietato: Antonio venne colpito mentre era ancora in macchina. Francesco, cercando disperatamente di salvarsi, riuscì ad aprire lo sportello dell’auto e tentò di fuggire, ma fu raggiunto da diversi colpi alla schiena, cadendo anch’egli vittima della violenza criminale.
La notizia del duplice omicidio sconvolse la comunità. I commenti di solidarietà e cordoglio furono innumerevoli, ma uno in particolare spiccava per la sua intensità emotiva: quello di Francesco Graziano, figlio di Antonio: “Erano due grandi lavoratori onesti. Mi manchi cugino. Mi manchi papà. Una ferita ancora aperta, aspettando che sia fatta giustizia.
Devono pagare con il carcere a vita tutti coloro coinvolti in questo grave duplice omicidio. Nomino questo che mi riguarda da vicino, ma vale per tutti i fatti di sangue indistintamente, soprattutto per quelli che hanno coinvolto persone oneste”.
La storia di Antonio e Francesco Graziano rimane un simbolo della lotta contro la violenza camorristica e un monito sulla necessità di proteggere e ricordare chi, pur estraneo alle dinamiche criminali, diventa vittima di una guerra che non ha scelto di combattere.”
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani rileva come il progetto “#inostristudentiraccontanoimartiridellalegalità” stia diffondendo tra le giovani generazioni volti, storie, episodi veramente straordinari per la loro valenza educativa.
Prof. Romano Pesavento
Presidente CNDDU
Articolo pubblicato il giorno 11 Giugno 2024 - 18:46