Ciro Di Lauro, F3 ovvero il terzo dei 10 figli maschi del boss Paolo Di Lauro alias Ciruzzo o’ milionario, è stato condannato per la seconda volta all’ergastolo.
Era accusato di essere il mandante degli omicidi di Domenico Riccio, sospettato cassiere del clan rivale Abbinante, e dell’innocente Salvatore Gagliardi, cognato del primo ma estraneo ai contesti camorristici.
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La sentenza, come anticipa Il Roma, è stata emessa dalla quinta sezione della Corte d’Assise d’Appello di Napoli che ha confermato quella di primo grado anche per Giovanni Cortese, alias “’o cavallaro”, affiliato di lunga data dei Di Lauro.
Salvatore Petriccione, soprannominato “’o marenaro”, fondatore del clan scissionista della Vanella Grassi, ha invece ottenuto una riduzione della pena da ergastolo a 30 anni di carcere, grazie alle attenuanti generiche concesse dopo la confessione resa nel processo d’appello.
La svolta sul duplice omicidio, avvenuto il 21 novembre 2004 agli esordi della prima faida di Scampia, è giunta a febbraio 2022 grazie al pentimento di Massimo Molino, uno degli uomini coinvolti nel delitto Riccio-Gagliardi. Molino, affiliato e sicario al servizio del clan Di Lauro, recentemente passato dalla parte dello Stato, con le sue rivelazioni ha fatto luce su una drammatica pagina di camorra: la prima faida di Scampia e Secondigliano.
Conosciuto agli investigatori antimafia per i suoi precedenti penali e per essere il cognato del ras Maurizio Maione, Molino ha contribuito a chiudere il cerchio intorno ai presunti mandanti e sicari dell’omicidio di Riccio e Gagliardi, uccisi con sei colpi di pistola in una tabaccheria di Melito la mattina del 21 novembre 2004, poche ore prima del brutale assassinio di Gelsomina Verde.
Le accuse si sono sommate a quelle precedentemente sottoscritte dall’ex ras Salvatore Tamburrino: “Ciro Di Lauro – ha spiegato il neo pentito – ci disse che ci dovevamo affiancare al gruppo di “Totore ’o marenaro” per fare la guerra, nel quale c’erano Pasquale Malavita e Ciro Barretta “Cicciotto””.
La vicenda viene quindi ricostruita così: “’O marenaro” ci mandò l’imbasciata che si doveva uccidere Mimmo Riccio, che aveva una tabaccheria a Melito. Mio cognato Maurizio Maione decise di andare personalmente da Ciro Di Lauro per avere conferma”.
Il duplice omicidio avvenuto a Melito il 21 novembre 2004, nel pieno della cosidetta prima ‘faida di Scampia’ (2004-2005) che ha visto come vittime Domenico Riccio, ritenuto vicino al clan Abbinante e obiettivo dell’agguato, avvenuto all’interno della sua tabaccheria, e Salvatore Gagliardi, casualmente presente sul posto.
Il duplice omicidio è maturato nel corso della guerra tra clan che ha contrapposto dall’ottobre del 2004 il clan Di Lauro al cartello scissionista (formato da Abete-Notturno, Abbinante, Marino e Amato-Pagano). Il clan di Lauro avrebbe individuato quale obiettivo Riccio, ma sotto i colpi dei camorristi finì anche Gagliardi.
Fu l’inizio di una notte di sangue perché nel giro di mezz’ora ci fu la risposta. A Secondigliano fu ucciso Francesco Tortora, 63 anni, fu sfigurato con cinque colpi alla testa. Fu trovato carbonizzato in un’auto date alle fiamme a Casavatore.
Ma non finì lì perché a Secondigliano fu trovato un cadavere carbonizzato in un’auto data alle fiamme. Era quello di Gelsomina Verde, uccisa perché era fidanzata di Gennaro Notturno uno degli scissionisti, poi pentito.
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