Armi e minacce per il controllo dello spaccio: restano in carcere Schiavone jr e Reccia
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Emanuele Libero Schiavone, figlio del collaboratore di giustizia “Sandokan”, e Francesco Reccia, figlio di Oreste Reccia, elemento di spicco della criminalità casalese, restano in carcere con l’accusa di detenzione e porto illegale di armi in luogo pubblico con l’aggravante del metodo mafioso.
Il Gip del Tribunale di Napoli ha convalidato il fermo emesso dalla DDA e eseguito dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta sabato scorso, applicando la custodia cautelare in carcere ai due indagati.
L’indagine scaturisce da una sparatoria avvenuta a Casal di Principe il 7 giugno scorso. Secondo gli inquirenti, Schiavone Jr e Reccia avrebbero esploso dei colpi d’arma da fuoco in risposta ad azioni intimidatorie da parte di presunti rivali per il controllo delle piazze di spaccio sul territorio.
Le armi, secondo l’accusa, erano destinate ad “affermare il proprio gruppo camorristico legato ai Casalesi”. Nel corso dell’arresto, i Carabinieri hanno sequestrato anche oltre 11 mila euro in contanti, ritenuti provento di attività illecite.
Emanuele Libero Schiavone, 38 anni, e Francesco Reccia, 29 anni, sono accusati di detenzione e porto illegale in luogo pubblico di armi da sparo con l’aggravante del metodo mafioso.
L’aggravante deriva dal fatto che, secondo gli inquirenti, le armi erano destinate ad essere utilizzate per “l’affermazione del proprio gruppo camorristico legato ai Casalesi”.
I fatti contestati risalgono al 7 giugno scorso, quando a Casal di Principe si è verificata una sparatoria. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Schiavone Jr e Reccia avrebbero esploso dei colpi d’arma da fuoco in risposta ad azioni intimidatorie da parte di presunti rivali per il controllo delle piazze di spaccio sul territorio.
Nel corso dell’esecuzione del provvedimento di custodia cautelare in carcere, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta hanno rinvenuto e sequestrato, nella disponibilità dei due indagati, oltre 11 mila euro in contanti.Il denaro, secondo gli inquirenti, è provento di attività illecite.
Gli indagati sono ora a disposizione dell’autorità giudiziaria. Si attendono i prossimi passi della Procura Distrettuale Antimafia di Napoli, che potrebbe disporre ulteriori approfondimenti investigativi.
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