L’Azienda Ospedaliera “Sant’Anna e San Sebastiano” di Caserta non si limita alla riorganizzazione strutturale e all’ammodernamento tecnologico, ma potenzia significativamente la sua offerta sanitaria. Un passo importante in questa direzione è il rafforzamento della chirurgia oncologica nel settore della chirurgia epato-bilio-pancreatica.
Negli ultimi tre mesi, oltre 30 pazienti sono stati valutati e sono stati eseguiti 7 interventi. Questa attività è iniziata grazie a una convenzione con l’Azienda Ospedaliera Universitaria “Federico II” di Napoli, che ha permesso di integrare la gestione chirurgica nei percorsi diagnostico-terapeutici per i pazienti affetti da tumori del fegato, delle vie biliari e del pancreas.
Questi pazienti sono seguiti dal Gruppo Oncologico Multidisciplinare (GOM) dell’AORN casertana, con il contributo delle Unità operative di Oncologia Medica, Gastroenterologia, Chirurgia Generale e Oncologica, dirette rispettivamente dal prof. Michele Orditura, dal prof. Rosario Cuomo e dal dott. Dario Scala.
L’iniziativa mira a contrastare la migrazione sanitaria fuori provincia o regione, migliorando il benessere psico-fisico dei pazienti e riducendo i costi economici. La Direzione Strategica dell’Azienda Ospedaliera di Caserta ha così sostenuto l’attivazione del settore di chirurgia epato-bilio-pancreatica, promuovendo un accordo di collaborazione con l’Unità operativa di Chirurgia Epato-Bilio-Pancreatica Mininvasiva e Robotica dell’AOU “Federico II”, diretta dal prof. Roberto Ivan Troisi.
Questo accordo prevede supporto e consulenza specialistica, con interventi di chirurgia maggiore e attività di formazione, aggiornamento e tutoraggio sul campo operatorio. L’obiettivo è implementare le competenze interne di alta specializzazione nella gestione delle neoplasie epato-bilio-pancreatiche.
“Le patologie epato-bilio-pancreatiche hanno un’incidenza particolarmente alta in Campania”, sottolinea il direttore generale Gaetano Gubitosa. “È stato quindi fondamentale offrire ai pazienti del territorio casertano la possibilità di una presa in carico globale che garantisca, in ambito provinciale, tutti gli step della diagnosi e cura della malattia, incluso quello chirurgico, contribuendo a evitare fenomeni di migrazione sanitaria verso altre regioni”.
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