L’ex difensore nerazzurro si racconta e parla della squadra, dei suoi idoli e delle sfide per i giovani emergenti
Andrea Ranocchia, ex capitano dell’Inter, si lascia andare in una lunga intervista, dopo la conquista del 20° scudetto nerazzurro, ricordando anche alcuni momenti significativi della sua carriera. Dalla dirigenza della squadra, passando per Inzaghi, il fenomeno del razzismo, le nuove generazioni, dice la sua sul mondo del calcio, con uno sguardo volto al futuro. Per l’intervista completa si legga qui.
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Il trionfo dell’Inter ha suscitato tante emozioni, ma la vittoria avvenuta proprio in occasione del derby milanese è stata senza dubbio più gustosa. Una soddisfazione enorme, considerato il legame affettivo che lo lega ancora al club e il suo personale ricordo del primo il derby, perso nel 2011, in un momento in cui anche la sua Inter mirava allo scudetto.
Da quando si è ritirato, a soli 34 anni per via di un infortunio, Ranocchia è comunque rimasto legato ai nerazzurri. Per la squadra cura infatti il podcast Frog Talks, inoltre partecipa a vari programmi televisivi e radiofonici come commentatore e opinionista, ed è anche imprenditore nella sua Umbria.
Nella lunga intervista Andrea Ranocchia ripercorre l’ultimo anno. Sostiene di aver creduto nelle potenzialità della squadra sin dall’inizio della stagione e senza esitazioni dichiara: “La rosa dell’Inter per me è ineguagliabile in Italia perché è molto lunga, con giocatori molto forti”. Nonostante ciò l’ex capitano è consapevole, che sul terreno della Champions League le cose sono differenti, e gli esiti spesso sono determinati da episodi. Riferendosi alle partite con l’Atletico Madrid, commenta: “Al ritorno l’Atletico ha fatto una grandissima partita, non si può che dire bravi agli avversari quando se lo meritano e quando fanno delle belle partite”.
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Tornando ai pregi della squadra, oltre alla rosa di calciatori, Ranocchia elogia il lavoro di Inzaghi, un allenatore che più di altri è in grado di interpretare ogni partita in modo diverso, in base all’avversario, e di essere empatico. Una dote che non può mancare in un bravo CT: “È un allenatore con cui si riesce ad entrare in confidenza, è empatico verso il giocatore. Quindi magari il giorno in cui il giocatore non sta bene o ha un problemino, lui capisce come può gestirlo, non con le bastonate ma mettendosi nei suoi panni”.
Anche la dirigenza dell’Inter, si merita il plauso di Ranocchia. Marotta, Ausilio e Baccin, nonostante le difficoltà, sono riusciti a costruire una squadra competitiva. In tema di difficoltà, ricorda il ruolo importante di Steven Zhang, presidente nerazzurro
che ha rilevato la squadra in un momento difficile, riuscendo a riportarla ai vertici del calcio europeo. A dispetto di quanto si possa pensare, quella di Zhang, nelle parole dell’intervistato è: “Una proprietà che, seppur lontana, fa sempre sentire la sua presenza e soprattutto ascolta i consigli che vengono dati dai dirigenti, le necessità dei giocatori e di tutti quelli che ruotano intorno”.Andrea Ranocchia, nel corso dell’intervista si lascia andare anche a ricordi personali. Racconta il suo primo impatto con i nerazzurri a soli 21 anni, per lui che proveniva dal Genoa. “Quando sono arrivato, non ci capivo niente” ammette. Ambientarsi in una squadra che aveva appena vinto tutto, era subito dopo il triplete, non fu semplicissimo.
Ad aiutarlo furono proprio i nuovi compagni, la cui accoglienza fu calorosa e di grande supporto. “Stankovic, Materazzi, Chivu, Thiago Motta sono questi giocatori che mi hanno aiutato un po’ a capire che cosa era l’Inter, che cosa voleva dire giocare l’Inter. E loro sono stati quelli che mi sono stati più vicino”, ricorda, senza dimenticare Samuel, Cambiasso, Pupi, tutti disponibilissimi.
Tra gli idoli del calcio incontrati nel corso della carriera, ricorda Alessandro Nesta, giocare contro di lui è stata una grandissima emozione. E poi come dimenticare personalità come Zanetti, Totti, Maldini, Del Piero e Baggio, icone del calcio con cui ha avuto l’onore di condividere il campo. Poi in nazionale “ho avuto la fortuna di giocare con Buffon che è un altro totem, un altro giocatore incredibile, Pirlo…”.
Tornando al presente, chi vorrebbe vedere nella nuova rosa nerazzurra? Ranocchia non ha esitazioni, la risposta è Vinicius Junior, attaccante della nazionale brasiliana e del Real Madrid. “È un giocatore che è troppo veloce. Ha tecnica in velocità, che è fuori dal comune e in qualsiasi momento può saltarti e può fare assist, può tirare. Quindi se non avessi budget, per l’Inter prenderei subito Vinicius”.
Non si può parlare del futuro del calcio senza menzionare il tema del razzismo, purtroppo sempre attuale, anche in riferimento ai recenti episodi tra Acerbi e Juan Jesus. “Sicuramente sia la Lega calcio che tutte le società stanno prendendo di petto questa situazione, la FIGC uguale con tutte le iniziative che sta facendo”. Secondo Ranocchia, la prevenzione è aumentata, ma la strada da fare è ancora lunga, si tratta di un problema culturale e sradicarlo è complicato, bisogna partire dall’educazione, sia a casa che nelle scuole.
Oggi i giovani che si avvicinano al calcio professionistico, hanno un problema in più rispetto al passato. La pressione è molto più intensa a causa dei social media. “I calciatori sono raggiungibili immediatamente e questo può portare a una pressione enorme. Tutti sono giornalisti e possono scrivere qualsiasi cosa, raggiungendo direttamente i giocatori”. Questa pressione costante e continua, si riflette sullo stato mentale e sui comportamenti in campo, che spesso diventano aggressivi, anche se non necessariamente legati al razzismo.
La pressione mediatica è tanta, ma al tempo stesso nei settori giovanili mancano delle strutture necessarie per supportare i talenti emergenti. E conclude, parlando di suo figlio che ha di recente cominciato a giocare a calcio: “Sono contento che abbia iniziato, ma non gli metto pressione. Il calcio dovrebbe essere un divertimento prima di tutto”.
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