Sabato 25 maggio alle ore 12:00 verrà inaugurata “Victor”, l’opera permanente dell’artista Nicholas Tolosa, in via Domenico Cirillo 65 a Napoli.Curata da Massimo Sgroi, l’opera farà parte del progetto “Viviacirillo” ideato da Felice Riccardi.
L’installazione sarà esposta in modo permanente e accompagnata da una targhetta con QR code.
“La maschera che rappresenta Victor Osimhen va oltre le tensioni emozionali, trasformando il rapporto che il popolo ha con il calcio nel luogo in cui le passioni comuni vivono senza soluzione di continuità tra il soggetto e l’oggetto dell’opera – le parole di Sgroi –.Napoli vive di simboli, di sacralità, manifestata nel rito antropologico della partita di calcio.
Diventa un rituale condiviso, una fratellanza universale che include tutti, sia che tu sia nato nei Quartieri Spagnoli o a Dakar, al Pallonetto o a Laos, a Fuorigrotta o a Marrakech”.
“La strada in cui è posizionata la maschera di Victor Osimhen annulla la distanza tra chi osserva l’opera d’arte e chi la realizza, creando una fusione tra la concezione dell’arte visiva e il teatro nella sua rappresentazione intrinseca.Come nell’origine del rituale rappresentativo greco, Tolosa sovrappone la narrazione alla percezione, unendo due elementi che normalmente seguono strade diverse”.
“La maschera “celebra” e ridefinisce i colori della passione e del gioco come parte dell’anima della città, del calcio, della cabala e della magia che da Napoli si estendono fino al deserto del Kalahari.
Le tre strisce gialle rappresentano il numero sacro, il tre, come i tre scudetti del Napoli, e la maschera che copre il volto del giocatore nigeriano in campo”.
“È il melting pot dell’anima partenopea, il tessuto elastico delle entropiche linee cablate che rappresentano i nervi scoperti della città.E se è vero che tendiamo a occupare gli spazi vuoti della città, per Nicholas Tolosa l’opera/maschera non è più solo un terminale dell’arte, ma un medium della funzione sociale dell’estetica.
Nella restituzione all’individuo della poetica artistica, Tolosa diventa un elemento di raccordo tra il vuoto creativo e il pieno soggettivo dell’essere umano”, conclude Massimo Sgroi.
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