Era letta la strategia difensiva di Massimiliano Di Caprio meglio noto negli ambienti della camorra napoletana come Massimo a capretta ma per i social negli ultimi anni era l’onnipresente direttore e titolare della famosa pizzeriza “Dal Presidente” di via dei Tribunali a Napoli.
Difeso dall’avvocato Fabio Visco (così come la moglie Deborah Capasso e l’ispettore di polizia Guido Albano) ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere ma di rilasciare solo alcune dichiarazioni spontanee.
Indice Articolo
- Russomagno del clan Mazzarella: “Di Caprio invia 2500 euro al mese a Paolo Ottaviano per la gestione dei videopoker”
- I Misso: “Di Caprio gestiva una piazza di spaccio all’Anticaglia”
- Il pentito Maurizio Overa: “Spaccai la testa a Di Caprio con un mattone perché stava avendo una relazione con la figlia minorenne della mia compagna”
Anche la commercialista Giulia Nappo (che è agli arresti domiciliari come il poliziotto) ha deciso di non rispondere ma di dare solo alcune dichiarazioni spontanee. La professionista è difesa dagli avvocati Mariangela Locuoco e Flaviano Moltedo mentre invece ha deciso di rispondere e di negare tutti gli addebiti contestati Vincenzo Capozzoli detto Enzo ‘a miseria, esponente di primo piano del clan Contini che è cognato e socio di Di Caprio (che era già in carcere per associazione camorristica, difeso di dall’avvocato Claudio Davino).
Insieme con la pizzeria i finanzieri hanno sequestrato altri beni per un valore complessivo pari a 3,5 milioni di euro: sette immobili, tra cui l’abitazione di Di Caprio in piazza Sannazaro del valore di 850mila euro, diversi orologi di lusso, quote sociali e 375mila euro in contanti.
I cinque sono accusati di trasferimento fraudolento di valori e autoriciclaggio, aggravato dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolare la camorra, in particolare il clan Contini: l’indagine è coordinata dalla Dda di Napoli con i pm Alessandra Converso e Daniela Varone.
Massimiliano Di Caprio anche se non risulta essere affiliato al clan Contini risulta avere da numerosi precedenti penali e di polizia in particolare per furto, rapina, lesioni personali, evasione, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, esercizio abusivo di attività di giuoco o scommessa.
E inoltre è stato altresì destinatario di misura di prevenzione in quanto considerato delinquente abituale, tra l’altro essendo il cognato di Vincenzo Capozzoli
è stato più volte identificato in compagnia di esponenti di rilievo del clan Contini.
Nei suoi confronti ben 18 pentiti hanno rilasciato dichiarazioni accusatorie che sono contenute nelle 150 pagine dell’ordinanza cautelare firmata ieri dal gip Giovanni De Angelis.
Nell’ordinanza è contenuta anche la denuncia di un imprenditore dei video poker secondo il quale “Massimo a Capretta”, viene indicato come operatore del settore del noleggio di videoslot che “…gli aveva vietato d‟installare o noleggiare videoslot nel centro storico di Napoli, poichè tale attività nella zona era di sua esclusiva competenza, così come stabilito dalla malavita locale, in particolare da una persona conosciuta come “O‟ Chicc” (Brunetta Manuel), pregiudicato del clan Contini, arrestato in Spagna nell‟estate del 2013…”.
Tesi che sembra essere confermata dal pentito Yassir Atid, del clan Giuliano di Forcella che qualche anno fa ha dichiarato: “Massimo a capretta è il referente della gestione delle scommesse e dei videopoker e slot machine per conto dei Giuliano. In particolare, la gestione delle scommesse su partite di calcio italiane ed internazionali avviene in parallelo rispetto alle scommesse legali. Questa attività assicura al clan guadagni tra i 40 e i 70 mila euro al mese. Una volta nell’ottobre 2013 ho visto Cedola Salvatore, Pappe Giuliano, Gigino “per esempio” e gli altri Giuliano parlare con un signore, ben vestito e dall’aria rispettabile, sopraggiunto a bordo di una moto T-MAX, e ascoltai una frase riguardante l’arrivo di soldi relativi ad un trasferimento”.
Cosa questa confermata anche da un altro pentito Salvatore Russomagno, (appartenente al clan Mazzarella), che nel riferire della gestione del mercato delle slot machine non autorizzate nelle zone di Forcella, San Gaetano, San Giovanni a Carbonara, Rione Luzzatti, indica Massimiliano Di Caprio quale referente del gruppo Ottaviano, operante nell’ambito del clan Mazzarella:“...Posso aggiungere che Monica Ottaviano gestisce il mercato delle slot machine non autorizzate nelle zone di Forcella, San Gaetano, San Giovanni a Carbonara, Rione Luzzatti.
Russomagno del clan Mazzarella: “Di Caprio invia 2500 euro al mese a Paolo Ottaviano per la gestione dei videopoker”
Lo fa per conto di Paolo Ottaviano. Del trasporto nei bar e nei tabaccai si occupa Alfonso Ottaviano e Massimino detto ‘a capretta mediante un camioncino. Massimino a capretta ha un punto scommesse Snai alla fine di via Duomo.
Banco scommesse non autorizzate… Massimino a Capretta che non è un nostro affiliato, ma gestisce un centro scommesse e ha le slot machine truccate. Massimino a Capretta paga Paolo Ottaviano per non avere fastidi dalla famiglia Mazzarella. Invia 2500 euro al mese a Paolo Ottaviano, tramite Arianna, la moglie dell’Ottaviano…” ;
I Misso: “Di Caprio gestiva una piazza di spaccio all’Anticaglia”
Ma non solo perché altri pentiti come Emiliano Zapata Misso sempre qualche anno fa aveva dichiarato: “…Facendo mente locale sulle diverse piazze, premetto che io conosco l’identità dei titolari ma non quella dei ragazzi o delle persone addette allo spaccio.
Le piazze che ricordo sono le seguenti: … omissis … – quella di cocaina sotto l’Anticaglia di Massimo a capretta”.
Tesi confermata da un altro collaboratore di giustizia eccellente come Giuseppe Misso: ”
La piazza di cocaina gestita da Massimo a capretta e da suo cognato Daniele (mi sembra che si chiami Capasso), sotto l’Anticaglia, all’interno dell’abitazione del Massimo, al primo piano del palazzo dove abita; questa piazza dava 500 euro a settimana”.
Emblematico e molto particolare un racconto più recente di un pentito come Maurizio Overa, esponente del vertice del clan Mariano dei Quartieri Spagnoli che parlando di Massimiliano Di Caprio dice: “… Siamo stati in carcere insieme. So che aveva una pizzeria, nella zona dei Tribunali, quasi ad angolo a via Duomo. L’ho conosciuto quando stavo con …omissis…perché in una occasione lo mandai all’ospedale. All’epoca lui era sposato e aveva quasi iniziato una relazione con la figlia della mia convivente che all’epoca era una bambina. All’epoca io stavo facendo dei lavori e gli spaccai un mattone in testa. Pensavo fosse morto. Poi seppi che si era ripreso.
Il pentito Maurizio Overa: “Spaccai la testa a Di Caprio con un mattone perché stava avendo una relazione con la figlia minorenne della mia compagna”
Poi l’ho rincontrato in carcere dopo tanti anni e lui mi chiese anche scusa…mi sembra che all’epoca fosse detenuto per droga. Non stavamo nello stesso padiglione. Io ero al padiglione Genova, reparto associati e lui se non sbaglio o al Napoli o al padiglione Firenze. Io mandai anche una imbasciata ai miei “paesani” detenuti in altre sezioni per reati comuni. L’ultima volta che l’ho visto sono andato a mangiare una pizza da lui. Mi pare fosse il 2014. …so che lui era il titolare della pizzeria ma non so dire se l’avesse in gestione o se ne fosse il proprietario.
Che io sappia il Di Caprio si interessava di droga. Che io sappia non era legato ad alcun clan…conosco la moglie del Di Caprio, ma non ricordo il nome. Non so dire se la moglie fosse legata a qualche clan. Sono certo che se fossero stati legati a qualche clan io lo avrei saputo. Perché io la zona la frequentavo perché vi abitava Andrea Manna. Quella era la zona dei Sibillo…”.
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Articolo pubblicato il giorno 15 Maggio 2024 - 22:24