Franco Carraro, figura storica dello sport italiano e ex presidente del Coni e della Federcalcio, ha espresso una forte opposizione alla recente riforma dello sport che prevederebbe un controllo governativo sui conti delle società di calcio e basket. In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Carraro ha sottolineato che una simile misura è senza precedenti nei grandi Paesi del mondo occidentale e ha definito tale proposta “inaccettabile”.
Il governo, secondo Carraro, dovrebbe limitarsi a garantire che lo sport sia organizzato in modo ordinato e migliore, ma senza arrivare a gestire direttamente le discipline più popolari come il calcio e il basket. “Il calcio e il basket non dovrebbero passare sotto il controllo diretto del governo,” ha insistito, ricordando come il basket, nonostante un minore ritorno di immagine rispetto al calcio, sia incluso in queste preoccupazioni.
Carraro ha anche ricordato la sua esperienza con la Covisoc, l’organo di controllo che lui stesso contribuì a istituire. “L’obiettivo era assicurare che le squadre potessero completare il campionato, non semplicemente che i bilanci fossero in pareggio,”
ha spiegato. Da quando è stata istituita, la Covisoc ha garantito che i tornei si concludessero sempre con lo stesso numero di club che li avevano iniziati, raggiungendo così il suo scopo.Nell’intervista, Carraro ha anche evidenziato come, contrariamente a quanto si pensi, lo Stato non finanzia lo sport, ma è piuttosto lo sport a generare entrate tramite giochi e scommesse che finiscono nelle casse statali. Ha citato esempi di famiglie, come i Sensi e i Moratti, che hanno sperimentato perdite economiche nella gestione delle squadre di calcio, sottolineando che gli errori di gestione ricadono sulle società stesse e non su altri.
Infine, ha commentato la situazione conflittuale tra la Lega Calcio e la Federcalcio, suggerendo che un clima meno litigioso sarebbe auspicabile. Tuttavia, ha concluso che la ricerca di un controllo neutrale sui conti del calcio non dovrebbe mai essere affidata alla politica, marcando una netta distanza tra la gestione sportiva e l’ingerenza governativa.
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