In questi giorni è inevitabile imbattersi sui social in un’immagine con scritto “All eyes on Rafah”, ovvero “Tutti gli occhi su Rafah”.
L’immagine riproduce la scritta su delle tende di un grande campo profughi, molto simile a quello presente nella città della striscia di Gaza.
L’iniziativa è nata dopo il raid israeliano del 27 maggio scorso che ha colpito una tendopoli di civili, causando la morte di 45 persone e il ferimento di 180, tra cui numerosi bambini.
Le immagini strazianti hanno fatto il giro del mondo, generando forte indignazione non solo a livello istituzionale, il cui eco si è riprodotto sui social grazie a importanti personalità del mondo dello spettacolo, della musica e non solo.
In sua difesa, Israele ha comunicato che le morti siano state causate da un’esplosione di un deposito di munizioni o armi dopo un raid non diretto al campo.
Se le vie diplomatiche sono fondamentali per richiedere il “cessate il fuoco” su Gaza, altrettanto importante è la consapevolezza di tutti che in un territorio non troppo lontano vi sia stato un bombardamento su un campo che avrebbe dovuto ospitare civili in fuga da una guerra che non smette di spegnere vite.
Marco Barbato
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