A ‘Sandokan’ Schiavone, il prete anti-camorra di Caivano don Maurizio Patriciello direbbe: “Indietro non si torna. Puoi chiedere perdono solo a Dio, che è morto in croce anche per te, e chiedere perdono a questo popolo a cui hai fatto tanto male”.
Parlando con Repubblica, aggiunge: “Io sono un prete e parlo da prete. Ma dal punto di vista storico, nessuna clemenza. La storia deve essere spietata, come è stato spietato il loro clan. Bisogna dire e raccontare ai posteri quello che è successo nei nostri territori, alla nostra gente, quello che noi abbiamo subito. Quanti funerali ho fatto a bambini, giovani mamme, giovani papà”.
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Continua dicendo che Schiavone potrebbe restituire tutti i soldi guadagnati con la violenza e la paura e che sicuramente sa dove sono occultati. Potrebbe anche raccontare tutto sui colletti bianchi che li hanno protetti. Ricorda un incontro con il cugino, Carmine Schiavone, che disse: “Senza la protezione dei colletti bianchi e della politica saremmo rimasti solo una banda di piccoli delinquenti di paese”.
Se potesse incontrare Sandokan, direbbe: “Ormai sei arrivato a 70 anni, sei entrato in un carcere a 44 anni e per 26 anni hai trascorso il tuo tempo in una piccola cella. Devi avere il coraggio di dire: io ho fallito tutto nella mia vita”.
Aggiunge che questa potrebbe essere una mossa scaltra, ma che il Signore tocca il profondo del nostro cuore e si augura che possa passare da collaboratore di giustizia a un uomo veramente pentito davanti a Dio e agli uomini.
Nei giorni scorsi in una nota apparsa sul giornale cattolico L’Avvenire, padre Maurizio Patriciello aveva scritto:
Non sono mai riuscito a capacitarmi come tu – persona intelligente – abbia mai potuto credere di vivere serenamente, insieme a chi ami in questo mondo, seminando terrore e morte intorno a te. Non mi sono mai rassegnato a guardare a voi camorristi come a esseri usciti dall’inferno, anche se le vostre azioni, crudeli, stupide, spietate, lo facevano pensare.
Possibile che per sete di denaro e di effimero potere sono disposte a rinunciare al calore della famiglia, alla gioia di educare i figli, a una passeggiata in campagna – le nostre meravigliose campagne! -, a una vacanza al mare? Francesco – lascia che ti chiami con questo nome tanto caro agli italiani e non con quello di Sandokan con cui sei conosciuto – sono un confratello di don Peppe Diana, il martire, trucidato dalla camorra 30 anni or sono.
No, non m’interessa, nello specifico, chi e perché ne decretò la morte, so solo che fu ammazzato da chi credette di dichiarare guerra allo Stato e alla povera gente. Per la verità a scandalizzarmi non è il fatto che a morire fosse un prete, ma che fosse un uomo, e per di più innocente.
L’altro giorno, insieme a don Luigi Ciotti e a un gruppo di amici, ci siamo recati, nel cimitero di Casale, a deporre un fiore sulle tombe delle vittime innocenti. Dio mio, erano tante. Oso sperare – e per questo prego, insieme alla mia comunità parrocchiale – oso sperare, dicevo, che tu possa approfittare di questo momento prezioso che stai vivendo e che da collaboratore, tu possa pentirti davvero davanti a Dio e alla società. Indietro non si può tornare, è vero, ma avanti si può e si deve guardare.
E avanti, prima o poi c’è lei, la morte, che può venirci incontro come un’amica dal volto buono o una megera con le grinfie affilate. Tra coloro cui hai fatto più male ci sono i tuoi figli, il buon popolo di Casale, le vittime innocenti, i morti di cancro – soprattutto i bambini… quanti… quanti … – per lo scempio degli versamenti tossici. Sai? U
na decina di anni fa volli incontrare tuo cugino, Carmine Schiavone. Anche a lui scrissi una lettera aperta, avevo bisogno di vederlo, chiedergli informazioni sul traffico dei veleni interrati, grazie a voi, nelle nostre campagne. Rimasi fortemente meravigliato quando davanti a me si presentò un uomo anziano, con i capelli bianchi, piccolo di statura, un nonnino dal volto anonimo.
“Francesco prendi coraggio e raccontati tutto quello che sai”
Per quasi quattro ore tenne la sua mano sul mio braccio mentre raccontava, la stessa mano che aveva ucciso tante persone. Mistero della vita. Come ha fatto ad affascinarvi il male? Mi disse: « Don Maurizio, ricordati che senza gli agganci con la politica, noi camorristi saremmo rimasti solo una banda di piccoli delinquenti di paese». Quelle parole non le ho mai dimenticate, anche se non mi erano nuove. Adesso tocca a te, Francesco, prendi il coraggio a due mani e raccontaci tutto quel che sai.
Immagino che già tanta gente, tanti colletti bianchi, stanno tremando. Aiutaci a estirpare la maledetta zizzania alla radice. Non aver paura. Sii forte. Sii uomo. La lettera che scrissi a tuo cugino terminava con un “Ti benedico”. Mi disse: «Sei stato l’unico a benedirmi, gli altri mi hanno sempre e solo maldetto»,« Ci credo, Carmine – risposi – l’avete combinata veramente grossa».
Per quanto possa sembrarti strano, credi che anche tu sei amato da Dio. Che anche per te Gesù Cristo è morto. Apri il tuo cuore a lui. Non aver vergogna. Dagli la possibilità di raggiungerti e di perdonarti. E anche per te sarà finalmente Pasqua. Ti benedico, Francesco. Padre Maurizio Patriciello”.
Articolo pubblicato il giorno 2 Aprile 2024 - 09:02