L’arcivescovo di Napoli, monsignor Domenico Battaglia, ha scritto una toccante lettera al giudice che presiederà il processo d’appello di Simone Isaia, il giovane condannato per l’incendio della Venere degli Stracci.
Nella sua missiva, monsignor Battaglia implora il giudice di non considerare la sua lettera come un tentativo di influenzare il giudizio, ma come un atto di profondo rispetto per la sofferenza umana. Sottolinea infatti la fragilità di Simone Isaia, descrivendolo come un giovane in difficoltà, segnato da un lungo periodo di marginalità sociale.
Con grande commozione, l’arcivescovo si interroga sul ruolo suo e della Chiesa di fronte a tali drammi: “Ogni qualvolta incontro queste storie – scrive – mi domando dove ero, dov’era la mia Chiesa, dov’era la comunità sociale?”.
E proprio per questo motivo, monsignor Battaglia si offre di prendere in carico Simone Isaia, garantendogli un percorso di accoglienza, supporto psicoeducativo e riabilitazione. “Dichiaro la mia disponibilità – conclude – a seguire Simone, insieme alla mia Chiesa, mettendo a servizio di questo percorso le energie più belle e competenti della Chiesa napoletana”.
Un atto di grande umanità da parte dell’arcivescovo, che auspica una seconda possibilità per Simone Isaia, un ragazzo fragile che ha bisogno di aiuto e sostegno.
Oltre all’arcivescovo, anche la famiglia di Simone Isaia si è mobilitata. Il padre e la madre del ragazzo, rappresentati dall’avvocato Carla Maruzzelli, hanno incontrato padre Antonio Loffredo, il quale ha offerto loro il suo supporto incondizionato.
La speranza è che il appello di monsignor Battaglia e la solidarietà dimostrata da padre Loffredo possano trovare accoglimento e condurre ad una revisione della condanna di Simone Isaia.
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