L’ex boss del clan La Torre di Mondragone, Augusto La Torre, 62 anni, ha scritto una lettera di tre pagine inviata recentemente tra gli altri al suo avvocato Antonio Miraglia Latorre e al nuovo pentito Francesco Schiavone Sandokan.
La Torre, che ha una laurea in Psicologia ed è titolare di vari corsi di laurea e master in criminologia, è stato precedentemente definito un “pentito a metà” per aver ritrattato la sua versione dei fatti in diverse occasioni, in particolare durante il processo per la strage di Pescopagano avvenuta nell’aprile del 1990. La notizia è stata riportata dall’edizione di Caserta del Mattino.
“Schiavone-Sandokan, dovrà collaborare dopo 26 anni di detenzione e decine e decine di processi ormai irrevocabili, durante i quali lui stesso ha dichiarato che i pentiti mentivano cosa farà adesso, dirà la verità sui pentiti che, secondo le sue dichiarazioni spontanee, avevano dichiarato il falso e si rotolavano nel fango, in primis sul proprio cugino Carmine Schiavone (deceduto) o resterà in silenzio?”.
La Torre, tra k’altro si chiede anche se saranno rivelati da Schiavone “intrecci con la politica, la gestione della camorra in diversi comuni dell’agro Aversano (richiamando qui nomi di altri collaboratori come Carmine Schiavone, De Simone, Quadrano, Iovine); se Sandokan svelerà i retroscena di un duplice omicidio di due uomini di colore uccisi per sbaglio di fronte all’Hotel Scalzone a Castel Volturno;
se dirà la verità che lui conosce sull’uccisione di Enzo De Falco; se smentirà quanto affermato da suo cugino Carmine sul delitto di don Diana; se rilascerà dichiarazioni sugli affari gestiti con gli stessi suoi stretti parenti e, ancora, se smentirà i pentiti che hanno dichiarato il falso. Oppure resterà in silenzio?”.
E aggiunge: “Personalmente, conoscendo ‘compare Ciccio’ dal 1983-1984, spero possa chiudere la sua storia da uomo, e che quindi abbia il coraggio e l’onestà intellettuale di dire solo la verità che è in sua conoscenza diretta, senza spaventarsi di nulla e senza conformarsi all’altrui volontà o finire in un tritacarne”.
E poi conclude: “Anche se il mio pensiero ha pochissimo valore, ma ha pari dignità di quello di altri conclude ritengo che se Sandokan conserverà la sua autonomia di pensiero e il suo carattere, molti processi dovranno essere rivisti e molte condanne di innocenti dovranno essere annullate”.
Oggi è detenuto a Padova nel Polo universitario, La Torre è stato un importante membro del clan dei Casalesi. Tra il 2003 e il 2020, ha ricevuto 38 sentenze che lo hanno riconosciuto come collaboratore di giustizia dai tribunali di Napoli, Roma e Salerno, senza mai ricevere una condanna all’ergastolo ma con limitati benefici legali.
Questa situazione lo ha spinto a fare uno sciopero della fame lo scorso novembre, interrotto solo dopo aver perso 15 chili e subito dopo un malore che ha richiesto il suo ricovero.
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