Nei confronti di tre avvocati il Tribunale del riesame di Napoli, in accoglimento della impugnazione proposta dalla Procura della Repubblica di Benevento, aveva applicato la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di uno degli imputati e disposto la misura del divieto dell’esercizio della professione forense per la durata di anni uno nei confronti dei due rimanenti accusati.
La misura cautelare disposta nei confronti di tre avvocati aveva suscitato scalpore, anche per le accuse mosse: associazione a delinquere e plurimi reato di falso, vicenda afferente al deposito di decreti ingiuntivi nei confronti di società telefoniche, atti giuridici che l’accusa ritiene essere stati caratterizzati dalla falsità delle procure firmate degli istanti.
Le prove a carico erano rappresentate principalmente da intercettazioni avvenute nel corso dell’anno 2019, ma svolte in altro procedimento penale.
La pubblica accusa prima ed il Tribunale del riesame poi, ritenevano possibile utilizzare le intercettazioni grazie alla riforma entrata in vigore il 31.08.2020 con d.l. 30.12.19 n. 161, cosiddetta “riforma Bonafede”.
Proposto ricorso per cassazione, fissata l’udienza innanzi alla quinta sezione della Suprema Corte, alla luce delle articolate questioni giuridiche devolute dalla difesa, i Supremi Magistrati hanno ritenuto di rimettere il procedimento innanzi alle Sezioni Unite alla luce di un contrasto giurisprudenziale maturato tra le varie sezioni della Cassazione.
Oggi, il Massimo Consesso, presieduto dalla dott. Cassano e che ha visto come relatore il dott. Silvestri, condividendo in pieno le diffuse ragioni giuridiche illustrate dall’ avvocato Dario Vannetiello in difesa di due dei tre avvocati accusati, nonchè di quelle indicate dagli avvocati Robustini Michele e Pucci Raffaele, ha dichiarato inutilizzabili tutte le intercettazioni svolte stabilendo il seguente principio di diritto:
“per poter utilizzare, nei procedimenti relativi a reati non gravi (si intende quelli indicati nell’art. 266 c.p.p., ad esempio l’associazione a delinquere), le intercettazioni svolte in altri procedimenti penali, occorre che sia il procedimento dove sono state effettuate le intercettazioni, sia il procedimento nel quale si vuole utilizzarle, devono entrambi essere stati iscritti successivamente al 31.08.2020″.
La affermazione di tale principio da parte delle Sezioni unite ha travolto la motivazione resa nella ordinanza che aveva disposto le misure cautelari atteso che il procedimento in cui erano state disposte le intercettazioni indizianti era stato iscritto prima del 31.08.2020.
La linea difensiva ha mostrato decisamente la sua forza giuridica – prima per iscritto, poi oralmente nell’aula magna della Suprema Corte – atteso che ha convinto pure i due autorevoli rappresentanti della Procura Generale, Viola Alfredo Pompeo e Cuomo Luigi.
E così la misura cautelare irrogata ai tre avvocati è stata cancellata .
Si dovrà procedere ad un nuovo giudizio innanzi al Tribunale del riesame di Napoli ove, però, non potranno essere più utilizzate le intercettazioni, elemento centrale dell’accusa, con la conseguenza che l’ipotesi accusatoria ha subito una drastica elisione.
L’effetto di tale decisione va oltre, molto oltre, il caso de quo.
Infatti, da oggi, grazie a questa storica decisione delle Sezioni Unite, verranno cestinate milioni di intercettazioni traslate in procedimenti diversi da quelli in cui furono disposte, intercettazioni che i pubblici ministeri presso le varie Autorità giudiziarie sino ad oggi chiedevano di poter utilizzare e che costituivano di sovente, come accaduto nel caso de quo, l’architrave dell’accusa.
Articolo pubblicato il giorno 18 Aprile 2024 - 20:07