In contrapposizione alla proposta di legge che mirava ad escludere l’opzione della custodia in carcere per i giornalisti accusati di diffamazione (come stabilito dalla Corte Costituzionale nel 2021), Fratelli d’Italia ha cambiato le carte in tavola.
Il partito, guidato da Giorgia Meloni, non solo si attiene alla detenzione per i giornalisti ma anche incrementa le sanzioni. Questa mossa ha sollevato proteste sia da M5s e PD, sia dall’Ordine dei Giornalisti e dalla Federazione Nazionale della Stampa.
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Inaspettatamente, Lega e Forza Italia, partiti della stessa coalizione, si stanno distanziando da tale proposta, rimandando ulteriori considerazioni ad un futuro incontro di coalizione.
Le modifiche al disegno di legge sulla diffamazione, avanzate dal senatore Gianni Berrino di Fratelli d’Italia, hanno come obiettivo principale l’introduzione del carcere fino a un massimo di 3 anni e una sanzione pecuniaria che va fino a 120.000 euro per la “diffusione reiterata e organizzata di notizie false”.
Una possibile sanzione addizionale suggerita sarebbe l’interdizione professionale dei giornalisti per un periodo che oscilla tra i tre mesi e i tre anni. Ai sensi di questi emendamenti, la pena potrebbe raggiungere anche i 4 anni in caso si sia accusata ingiustamente una persona, conscia della sua innocenza, di aver commesso un reato.
L’articolo 13 della legge sulla stampa (n. 47 del 1948) era stato dichiarato non conforme alla legge dalla Corte Costituzionale nel 2021 in quanto prevedendo pene detentive, andava in contrasto con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.
La Corte costituzionale nel 2020 aveva esplicitamente suggerito al Parlamento di escludere l’opzione del carcere per i giornalisti, a meno che non si trattasse di istigazioni all’odio e alla violenza. Un anno dopo, in vista dell’assenza di qualunque intervento da parte del Parlamento, la Corte ha dichiarato illegittimo l’articolo e chiamato nuovamente in causa il Parlamento.
Le proposte di Berrino suscitano un’ondata di critiche. Molteplici personalità, incluse quelle del PD e del M5S, hanno condannato l’emendamento, definendolo come un passo indietro, un attacco alla libertà di stampa e un’espressione di autoritarismo.
Carlo Bartoli, presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti, ha sottolineato l’inconsistenza di tale proposta con le richieste europee e con il verdetto della Corte Costituzionale che indicava di rimuovere la pena detentiva per la diffamazione. In risposta alle reazioni, il senatore Berrino ha difeso fermamente le sue proposte, sostenendo la necessità di proteggere l’onorabilità sociale del cittadino e di garantire un’informazione corretta.
Secondo Berrino, la creazione di notizie false per ledere l’onore delle persone non è parte del diritto alla libera informazione, ma è semmai una macchina fangosa orchestrata per diffamare il prossimo.
La discussione sulla proposta di emendamento rimane aperta e le opinioni divise tra i vari partiti ne rendono l’esito incerto.
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