Un nuovo capitolo si apre nella vicenda di Caivano, città già ferita dal terribile caso degli stupri di gruppo ai danni di due cuginette. Le indagini dei carabinieri, coordinate dalla Procura di Napoli, hanno portato alla luce un presunto sistema di collusioni tra camorra e politica che avrebbe coinvolto diversi esponenti dell’amministrazione comunale.
Finanziamenti pubblici per arricchire clan e politici. Al centro dell’inchiesta ci sono oltre 20 milioni di euro di finanziamenti pubblici, molti dei quali provenienti dal Pnrr, stanziati nel biennio 2020-2021. Secondo le accuse, questi fondi sarebbero stati utilizzati per arricchire il clan capeggiato da Antonio Angelino detto “Tibiuccio” e alcuni esponenti politici locali.
A svelare il presunto sistema di malaffare è Carmine Peluso, ex assessore ai Lavori pubblici nella giunta di centrosinistra del sindaco Vincenzo Falco. Arrestato lo scorso ottobre, Peluso ha deciso di collaborare con la giustizia e ha fornito dettagli sulle presunte condotte illecite. La notizia è stata anticipata stamane dal quotidiano Repubblica con un articolo a firma Dario Del Porto.
Secondo le dichiarazioni di Peluso, il suo ruolo era quello di “garante” nei rapporti tra le ditte appaltatrici e il clan. Avrebbe ricevuto il compito di comunicare alle imprese le richieste di tangenti da parte della camorra e di assicurarsi che venissero pagate.
Coinvolti anche due ex consiglieri comunali. Oltre a Peluso, l’inchiesta coinvolge anche due ex consiglieri comunali, Giovambattista Alibrico e Gaetano Ponticelli, un altro politico locale, Armando Falco, il tecnico Martino Pezzella e l’ex dirigente comunale Vincenzo Zampella. A tutti gli indagati vengono contestate accuse a vario titolo, tra cui concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione.
Le dichiarazioni di Peluso. Nei verbali depositati agli atti, Peluso descrive il presunto sistema di spartizione dei finanziamenti pubblici. “In base ai lavori, noi decidevamo quale ditta doveva lavorare”, ha affermato l’ex assessore. E aggiunge: “La gara veniva bandita dopo che i lavori erano già stati effettuati ed era frutto di un accordo a monte tra me, Zampella e la ditta”.
Secondo le accuse, il clan Angelino avrebbe avuto un ruolo centrale nel sistema di estorsioni e tangenti. Le ditte non caivanesi che vincevano le gare dovevano pagare una percentuale al clan, mentre quelle locali “già sapevano”. A Peluso sarebbe stato affidato il compito di raccogliere le tangenti e di consegnarle al clan.
Le pm Giorgia De Ponte, Francesca De Renzis, Anna Frasca e Rosa Volpe, coordinate dal procuratore Nicola Gratteri, stanno proseguendo le indagini per accertare le responsabilità di tutti gli indagati. L’obiettivo è quello di fare luce sul presunto sistema di malaffare che avrebbe avvelenato la democrazia a Caivano e di assicurare alla giustizia i responsabili.
A seguito dell’inchiesta, il Comune di Caivano è stato commissariato dal Ministero dell’Interno. Il prefetto di Caserta ha nominato una commissione straordinaria che dovrà gestire l’ente locale fino alle prossime elezioni comunali.
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