La talentuosa rapper, icona della body positivity, protagonista della quarta giornata di Giffoni Shock, progetto dedicato all’arte contemporanea a ai linguaggi innovativi: “Sono venuta qui ad ascoltare Salmo. Quel giorno ho capito cosa volevo davvero fare”.
Interessanti gli incontri con Cristiano Godano e Marilena Umuhoza Delli
E’ stata BigMama la protagonista assoluta della quarta giornata di Giffoni Shock, l’evento dedicato all’arte contemporanea e ai suoi linguaggi innovativi cofinanziato dal Ministero della Cultura – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo come progetto speciale – annualità 2022.
Reduce dal successo di Sanremo 2024 con la hit “La rabbia non ti basta” e ormai alla vigilia della bellissima sfida del Concertone del Primo Maggio, in cui si cimenterà nel ruolo di conduttrice dell’opening. Marianna Mammone, in arte BigMama, nata in un piccolissimo borgo irpino, è ormai un’icona della body positivity, del riscatto dai pregiudizi, della rivincita sugli stereotipi. Lei è una che ce l’ha fatta nonostante un passato di bullismo e violenza. E di questo ne va legittimamente fiera.
Canta di discriminazioni e omofobia, sempre in maniera personale, tracciando un percorso nuovo dove spicca il coraggio di mettersi a nudo, senza vittimismi, ma con forte personalità, mostrando con audacia quelle cicatrici che l’hanno ispirata e che racconta nelle sue canzoni. Di recente ha parlato all’assemblea delle Nazioni Unite a New York, un’emozione fortissima che traspare ancora mentre ne parla ed una grandissima responsabilità per una ragazza di soli 23 anni.
Per la prima volta BigMama incontra i Giffoner, ma quella di oggi non è la sua prima volta a Giffoni: “Ci sono stata qualche anno fa – ha detto – per ascoltare Salmo dal vivo. Non ero una sua fan, ma il giorno seguente non riuscivo a staccarmi dalla sua musica. E’ stato lì che ho deciso di intraprendere questa carriera. Quindi, grazie Giffoni per questo grande regalo”.
“Ho iniziato – ha continuato rivolgendosi ai duecento ragazzi di età compresa tra i 18 ed i 35 anni presenti in sala – pensando a me stessa, per sfogare la rabbia accumulata per colpa delle energie negative degli altri. Il primo testo era decisamente autolesionista. E’ rimasto nel mio telefono per tre anni. Poi lo ha ascoltato una mia amica che l’ha diffuso e una ragazza mi ha chiesto piangendo di pubblicarlo perché si era riconosciuta. In quel momento ho compreso che aiutando gli altri a non sentirsi più soli mi sarei sentita meno sola anche io. Il mondo ti odia perché hai un fisico diverso dagli altri. I contesti in cui vivi ti odiano. E dunque è normale che la prima risposta all’odio sia l’odio, la diffidenza, la paura. Si finisce con l’essere respingenti. I miei primi brani sono pieni di livore. Il primo risale a quando avevo tredici anni. Stavo esplodendo e pensavo di essere io il problema. Il mio modo di rispondere al prossimo era riversare la mia rabbia sugli altri. Poi fortunatamente ho cambiato prospettiva e anche registro”.
La bellezza, gli stereotipi, il rapporto con il corpo, il giudizio degli altri. Cosa ne pensa BigMama? “Parlo da donna – ha detto – Da quando siamo piccole abbiamo sempre questo peso esterno di dovere essere belle, magre, alte intelligenti ma non troppo, devi lavorare ma non troppo, devi fare figli altrimenti non hai istinto materno. Poi ci sono altri pregiudizi: vieni da un paesino, non hai un bell’accento, dove pensi di andare, la musica come dice Morandi è per pochi, uno su mille ce la fa. Ma poi ho capito che la mia voglia di fare le cose era superiore. Allora ho messo tutti in pausa e ho ascoltato solo la mia voce”.
BigMama ha poi ricordato che “i traumi che avevo da bambina continuano a farmi del male anche se ho imparato a trasformare le energie negative. Mi sentivo sola e l’unico momento di felicità era quando prendevo il cellulare o un foglio e iniziavo a scrivere per parlare a me stessa. E’ stato un processo di crescita che è durato anni e non è ancora compiuto al cento per cento. Ma se metti te stesso al primo posto le cose iniziano a cambiare”.
La vita come un percorso che ti porta dall’odio al bene, dall’accettazione di sé fino all’amore per la persona che si è: “Soffro di ansia – ha detto – e prima di salire su un palco inizio a stare male, mangio le unghie, cammino, guardo il pavimento e ho un comportamento autodistruttivo perché mi dico che non respiro e non ce la faccio. Il mio cervello è convinto di essere pronto a morire anche se non è vero. Poi una psicoterapeutca mi ha detto prova a dirti oggi sono fortissima, oggi faccio paura. L’ho fatto durante la prima serata di Sanremo. La mente se sai parlarle ti ascolta”. Oggi sono diventata il supereroe di me stessa bambina. Quando scrivo un pezzo è come se mi mettessi un cerotto e forse riesco a metterlo anche agli altri, perciò vorrei aiutare le persone ad amarsi e ad amare tutto quello che li circonda. E’ questa la mia missione”.
A breve uscirà un libro di cui è autrice, “Cento occhi” nel quale affronta anche molti irrisolti della sua infanzia: “Lo considero – ha detto – una sorta di manuale che può aiutare gli altri a sentirsi meno soli”.
Il rapporto con la malattia: “Qualche anno fa ho scoperto di avere il cancro – ha continuato – Ho capito che se non avessi avuto la forza di fare le chemio e di curarmi, nessuno lo avrebbe fatto al posto mio. Non basta solo la medicina, purtroppo. In quel periodo mi sono resa conto di chi veramente era al mio fianco. Ne sono uscita fortissima. Prima ero una che faceva di tutto per accondiscendere gli altri. Le cose sono cambiate. Da quel momento la macchina da corsa sono io. Ho lasciato andare tante persone tossiche e ho capito che nulla mi avrebbe demolito. Se superi quella guerra lì, neppure gli haters ti possono scalfire più di tanto”.
In mattinata emozionante incontro con Marilena Umuhoza Delli, fotografa, autrice, regista e attivista per i diritti umani, conosciuta per il suo impegno nel promuovere la consapevolezza sulla questione dei rifugiati e sulla necessità di accoglienza e integrazione. Nella Sala Blu della Multimedia Valley, Marilena ha incontrato gli studenti del liceo Bruno di Arzano, del liceo De Sanctis di Salerno e dell’istituto Gian Camillo Glorioso di Giffoni Valle Piana.
Partendo dal suo ultimo libro, “Lettera di una madre afrodiscendente alla scuola italiana (People), la giornalista ha accompagnato ragazze e ragazzi in un viaggio attraverso la scoperta delle pagine più buie del colonialismo e del razzismo. “Il saggio – ha detto – parte da una urgenza di mettere nero su bianco la mia esperienza di bambina razzializzata cresciuta sui banchi di scuola italiana. Mia madre è del Ruanda, mio padre del bergamasco”.
L’Italia è razzista? Come si manifesta il razzismo in Italia? Ha chiesto Marilena alla platea. “La legge sulla cittadinanza – ha detto – è il picco del razzismo in Italia. Ci sono migliaia di giovani che non possono fare concorsi, gare agonistiche, votare, gite all’estero. L’Italia continua a finanziare i lager libici dove la gente viene torturata e uccisa. Per non parlare delle micro-aggressioni: forme narcotiche del pregiudizio che si esprimono attraverso frasi apparentemente innocue”.
Alla platea Marilena Umuhoza Delli ha detto: “Nasciamo e cresciamo in un sistema che regala privilegi ad alcune persone e li nega ad altri. E’ necessario diventare alleati. Occorre capire che il razzismo è sistemico, questo significa opportunità di crescita per costruire insieme qualcosa di concreto. Bisogna confrontarsi con le emozioni ed uscire fuori dall’individualismo. Resistere come i partigiani, diventare da soggetti passivi a protagonisti attivi. Ognuno di voi può farlo”.
Tra i protagonisti di Giffoni Shock Cristiano Godano, musicista, cantautore, scrittore e frontman della band Marlene Kuntz. Interessante il suo punto di vista sull’avere talento ed essere artista oggi: “C’è anche il genio – ha detto – ma è una esclusività di pochi eletti. Il talento invece è qualcosa che possiamo avere ma non sapere di avere. Sicuramente è qualcosa che si condivide con gli altri. Ogni tanto mi imbarazza sentire le persone che mi elogiano per come riesco a mettere nero su bianco le loro emozioni. Mi chiedo se ho realmente un talento e non mi do mai la stessa risposta. Faccio molta fatica a inquadrare la situazione in maniera univoca. Posso solo ribadire che quando penso a questi temi lo faccio dal punto di vista dell’artista. Il discrimine è nel nutrimento dell’anima che ci offre la possibilità di crescere”.
E’, infine, alla battute conclusive il lavoro portato avanti in questi giorni dal collettivo artistico, laboratorio residenziale con la partecipazione di dodici giovani artisti, chiamati a vivere un’esperienza di produzione collaborativa inedita e molto interessante. In una full immersion creativa, i dodici artisti stanno dando vita all’immagine, al visual di #Giffoni54, la prossima edizione del Festival dedicato alla cinematografia per ragazzi più importante del mondo. In questi giorni hanno messo in circolazione le loro competenze ed i loro estro, hanno di fatto mescolato i loro talenti e le loro intuizioni artistiche per dare vita ad un’immagine potente ed iconica che rappresenti meglio di altre il tema dell’edizione 2024, “L’illusione della distanza”, un tema urgente perché segnale i pericoli del senso di isolamento che si insinua nella vita delle nuove generazioni con la paura dell’altro, del diverso, del lontano, con l’inganno di sentirsi separati ed un invito a ritrovarsi riscoprendo legami invisibili, lungo i sentieri della condivisione.
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