Venerdì 19 aprile ore 21.00 arriva sul palcoscenico del Teatro Civico 14 di Caserta, Fine pena Ora, storia di un’amicizia impossibile, una corrispondenza durata 34 anni fra un ergastolano e il giudice che l’ha condannato.
In scena, Salvatore D’Onofrio, Costanza Maria Frola, Giuseppe Nitti. Tratto dalla storia vera e autobiografica, descritta dal testo omonimo di Elvio Fassone, magistrato ed ex componente del consiglio Superiore della magistratura, la drammaturgia dello spettacolo, adattato e diretto da Simone Schinocca, nasce da una serie di interviste fatte a Fassone in cui l’autore racconta l’evoluzione della sua amicizia con l’ergastolano Salvatore negli anni successivi alla pubblicazione del libro.
Lo spettacolo è coprodotto da Tedecà e Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale in collaborazione con il Festival delle Colline Torinesi. Costo del biglietto 12 euro (intero); 10 euro (ridotto) per under 30 e over 65 acquistabili anche sul sito http://www.teatrocivico14.it
Al centro dell’adattamento c’è l’incontro umano tra il Presidente e Salvatore. Due mondi apparentemente inconciliabili, opposti e contrapposti, anche se i due uomini, in 34 anni di corrispondenza, diventano punto di riferimento l’uno per l’altro. Le parole del libro di Fassone sono sono state arricchite da un’intervista, in cui il magistrato racconta cosa è accaduto nei dieci anni successivi alla pubblicazione del testo, come il suo rapporto con salvatore si è trasformato e quanto ancora oggi, questa storia, faccia fatica a trovare una soluzione. Da questa lunga intervista, nasce l’incipit dello spettacolo: è la notte insonne prima dell’ennesima udienza per la libertà condizionale di Salvatore. 38 anni di attesa, che si condensano in un sogno, nel quale Salvatore ripercorre lettera dopo lettera il rapporto con il Presidente. Salvatore e il presidente si scrivono da 34 anni, ma non si sono mai più incontrati. Salvatore ha mandato qualche foto di sé al presidente, Fassone non lo ha fatto. In questo sogno, il Presidente appare giovane come 38 anni fa, al momento del processo. Salvatore non potrebbe immaginarselo diversamente, e lo spettatore, invece, vede un Salvatore sessantenne, tormentato dall’ennesima speranza che quel “fine pena mai” possa diventare un “fine pena ora”.
“Abbiamo scelto di far emergere nel nostro adattamento la figura di Rosi, la donna che per 20 anni accompagna Salvatore in un pellegrinaggio di carcere in carcere in tutta Italia – racconta Schinocca. Rosi diventa l’emblema dell’attesa, una Penelope contemporanea che con la sua presenza aiuta e assiste Salvatore nello sciogliere i nodi delle sue fatiche e del suo cambiamento. Proprio nell’immergersi nello studio di Rosi, un ‘immagine iconografica sacra è riaffiorata alla mente, un’immagine semplice e disarmante per la sua forza comunicativa. Una madonna che ha una corda piena di nodi, che nelle sue mani diventa una corda libera dagli intoppi e dalle costrizioni. Da questa immagine nasce lo spunto per l’allestimento scenografico: una cella colma di corde, lacci, stringhe e oggetti vietati e banditi nelle carceri, perché potrebbero diventare cappi con cui togliersi la vita. Nella dimensione onirica di Salvatore, l’oggetto bandito riempie lo spazio, affastellato di nodi da sciogliere. Il sogno accompagna lo spettatore nella cella di Salvatore, lungo i 38 anni di detenzione. Nella ricostruzione di una nuova vita possibile, Fine pena ora parla alle nostre vite e diventa messaggio universale, perché uno spazio di umanità e di speranza è sempre possibile, anche quando tutto sembra suggerire il contrario”.
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