La notizia del pentimento del boss dei Casalesi, Francesco Schiavone il famigerato “Sandokan” sta facendo il giro del web in tutto il mondo da stamane.
Il potente capoclan tra i fondatori della cosca che per anni ha inquinato la Campania a livello ambientale per poi incunearsi nella pubblica amministrazione e nelle imprese è il secondo dei vertici a decidere di collaborare con la giustizia. Prima di lui il passo lo aveva fatto ‘o ninno per l’anagrafe Antonio Iovane.
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E ora restano due irriducibili ovvero capastorta Michele Zagaria e cicciotto e mezzanotte Francesco Bidognetti. Francesco Schiavone oggi ha 70 anni a 70 anni e da 26 anni è rinchiuso in carcere, molti dei quali trascorsi in regime di 41 bis. E’ anche malato e si trova nel carcere di massima sicurezza de l’Aquila.
Il suo stato di salute potrebbe aver influito sulla sua decisione anticipata già da qualche anno dai figli Nicola (in carcere dal 2010, pentito dal 2018) e di Walter (collaboratore di giustizia dal 2021).
La decisione di pentirsi risale agli inizi di questo mese quando ha chiesto e ottenuto un incontro con i magistrati della Direzione Nazionale Antimafia, e in particolare con il pm Marcello Ardituro, oggi guidata dal procuratore Giovanni Melillo.
Attualmente, i dettagli dei primi verbali illustrativi sono tenuti segreti. Tuttavia, come di consueto per i collaboratori di giustizia, durante i primi incontri si ammettono i crimini più gravi.
Tra le confessioni di Schiavone potrebbero esserci dettagli sulla sua ascesa alla leadership del clan dei Casalesi e sull’assassinio di Antonio Bardellino, ucciso in Brasile nel 1988, un crimine che gli ha permesso di assumere il controllo dell’organizzazione della camorra.
È stato condannato all’ergastolo come principale imputato nel maxi processo Spartacus, dove era accusato di sei omicidi, ed è attualmente in carcere per altre condanne definitive all’ergastolo per almeno altri 5 omicidi.
Tra i segreti di Sandokan potrebbero esserci anche legami con la politica e con gli imprenditori di Caserta e della sua provincia e non solo e tutti quelli che hanno trasformato la zona al confine tra le province di Napoli e Caserta nella “Terra dei fuochi”.
Francesco Schiavone, noto come Sandokan per una vaga somiglianza con l’attore Kabir Bedi, e protagonista della fortunata serie della Rai degli anni Settanta, è stato per anni il leader incontrastato del potente clan dei Casalesi, l’organizzazione criminale con radici a Casal di Principe, in provincia di Caserta, tra le più influenti d’Italia. Dopo un lungo periodo di detenzione, che ha visto trascorrere 26 anni dietro le sbarre, molti dei quali in regime di massima sicurezza, ha scelto di pentirsi e collaborare con la giustizia all’età di 70 anni.
La sua carriera nel crimine ha avuto inizio precocemente, con il suo primo arresto per detenzione di armi all’età di soli 18 anni. Negli anni ’80 si unisce alla “Nuova Famiglia” di Antonio Bardellino e Mario Iovine, in contrasto con la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo. Dopo l’omicidio di Bardellino nel 1988, Schiavone diventa il capo indiscusso del clan, espandendo la sua influenza nel mondo imprenditoriale e politico locale, con particolare interesse nel traffico illegale di rifiuti.
Il suo ultimo arresto risale all’11 luglio 1998, quando la sua latitanza giunge al termine. È stato catturato all’interno di un rifugio a Casal di Principe, in compagnia delle sue due giovani figlie. Schiavone è stato coinvolto nel maxi processo Spartacus, derivante dalle indagini della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli sul clan dei Casalesi, che si è concluso con la condanna all’ergastolo per lui e altri importanti boss come Francesco Bidognetti, Antonio Iovine e Michele Zagaria, questi ultimi due latitanti al momento del processo.
Dopo essere stato inizialmente detenuto a Milano, è stato trasferito successivamente a L’Aquila. Nel 2018 gli è stato diagnosticato un tumore. Oggi, la notizia della sua decisione di collaborare con la giustizia segue l’esempio dei suoi figli Nicola (in carcere dal 2010, pentito dal 2018) e Walter (collaboratore di giustizia dal 2021), diventando così il secondo capoclan dei Casalesi a pentirsi dopo Antonio Iovine, noto come “o ninno”, che ha iniziato a collaborare con i giudici nel 2014.
“E’ un segnale positivo nella lotta alla criminalità organizzata, non solo di quella casertana, ma in tutto lo stivale. Il clan dei Casalesi, va ricordato, ha avuto legami politici ed imprenditoriali chiari in diversi territori. Una metastasi che, grazie al lavoro delle forze dell’ordine, è stata arrestata.
L’auspicio che faccio è che questo pentimento sia utile a far luce proprio sulle quelle connessioni, oltre che sui tanti crimini dei quali il clan dei Casalesi si è macchiato negli anni. Lo strumento del pentimento, quando reale, è un fatto assai importante, soprattutto ai fini giudiziari e di contrasto alla camorra, perchè è grazie ai pentiti che possiamo scoprire fatti che altrimenti non sarebbero mai venuti a galla”. A dirlo il referente di Libera Campania, Mariano Di Palma.
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(nella foto quello che è stato il vertice dei Casalesi: Francesco Schiavone, Antonio Bardellino, Antonio Iovane, Michele Zagaria e Francesco Bidognetti)
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