Il trapper Jordan Jeffrey Baby, al secolo Jordan Tinti, è stato trovato morto nella sua cella del carcere di Torre del Gallo a Pavia. Il 27enne si è suicidato impiccandosi con una corda.
Tinti era stato condannato a 4 anni e 4 mesi per rapina aggravata dall’odio razziale. Nell’aprile 2023, insieme al trapper romano Traffik, aveva aggredito un operaio nigeriano di 42 anni in un sottopassaggio della stazione di Carnate (Monza e Brianza), minacciandolo con frasi razziste e riprendendo la scena in un video.
Tre mesi fa, Tinti era stato ammesso all’affidamento terapeutico in una comunità pavese, ma il Tribunale di Sorveglianza aveva poi disposto il suo ritorno in carcere. Il giovane aveva già tentato il suicidio in passato e aveva denunciato di aver subito maltrattamenti e abusi durante la detenzione.
La notizia della sua morte ha destato grande commozione nel mondo della musica e sui social media. In tanti hanno espresso cordoglio e vicinanza alla famiglia e agli amici del giovane artista.
Le ombre sul suo passato
La vita di Jordan Jeffrey Baby era stata segnata da eventi tumultuosi. Oltre alla condanna per rapina, il trapper aveva avuto problemi con la giustizia in passato e aveva già tentato di togliersi la vita.
Le circostanze della sua morte in carcere sono ancora al vaglio degli inquirenti, ma la sua tragica fine ha acceso un faro sulle condizioni di vita nelle carceri italiane e sulla necessità di un maggiore sostegno psicologico per i detenuti.
Un’eredità controversa
La musica di Jordan Jeffrey Baby era spesso cruda e controversa, con testi che affrontavano temi come la violenza, la droga e la criminalità. Tuttavia, il trapper aveva anche una vena poetica e introspettiva, che emergeva in alcune sue canzoni più intime e personali.
La sua eredità musicale rimane controversa, ma la sua tragica fine è un monito a non sottovalutare le fragilità e le sofferenze che possono affliggere anche i personaggi più controversi.
Articolo pubblicato il giorno 12 Marzo 2024 - 21:51