La Pasqua è alle porte e prima del suo arrivo c’è una tradizione tutta napoletana, consueta per molti ma conosciuta a fondo da pochi. Stiamo parlando della tipica zuppa di cozze che viene consumata il Giovedì Santo.
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Questa usanza culinaria, con profonde radici storiche, pone una domanda legittima: perché specificamente questo piatto viene preparato il Giovedì Santo?
Questa tradizione affonda le sue radici in una passione culinaria così fervente da dare vita a un piatto succulento: le “Cozzeche dint’a Cannola” (le cozze nella culla).
Consistono in una culla di pomodori di Sorrento, riempita da cozze, aglio, capperi, origano, olio, sale, pepe e la muddica atturrata. Questo piatto, sebbene originariamente modesto, fu elevato al rango di specialità da Gregorio Maria Rocco, un frate domenicano così influente che persino lo scrittore Alexandre Dumas lo definì più importante a Napoli del Sindaco, dell’Arcivescovo e persino del Re.
Il re Ferdinando I di Borbone, noto per il suo peccato di gola, decise, per evitare le critiche del frate, di astenersi almeno per la settimana che precedeva la Pasqua da indulgenze culinarie eccessive.
Tuttavia, il giovedì Santo non rinunciò alle Cozzeche dint’a Cannola, optando per una versione più leggera, arricchita con olio di peperoncino piccante e una spruzzata di salsa di pomodoro, che divenne nota come zuppa di cozze. Questa ricetta semplice si diffuse rapidamente anche tra il popolo.
I napoletani, per ragioni economiche, sostituirono le preziose cozze bacolesi con varietà più accessibili e molti aggiunsero lumache di mare, olio piccante e un tocco di pomodoro.
Così nacque la tradizione della zuppa di cozze del giovedì santo, che nel corso del tempo ha subito alcune modifiche nella sua preparazione, ma che ha continuato indisturbata per oltre 250 anni.
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