Sabato 23 marzo ore 20.00 sul palcoscenico del Teatro Civico 14 di Caserta va in scena Spiriticchio, I Fiori Di Moro di Conforti e Chianelli, soliloquio interpretato da Ettre Nigro, con la regia e la musica dal vivo di Mario Autore.
A parlare è Antonio Spiriticchio, il fioraio di stanza in via Fani che, il giorno del sequestro di Aldo Moro, non si trovò sul luogo di lavoro, perché i terroristi nella notte precedente avevano forato le ruote del suo furgoncino, sbarazzandosi di uno scomodo testimone. Spiriticchio è il simbolo di chi doveva esserci, e non c’è stato, a osservare da vicino uno degli episodi cruciali e più controversi della recente storia d’Italia; come ogni abitante, come tutto il Paese. Così quel non esserci stato diventa metafora di una verità sepolta, di una realtà che sfugge ancora a chi aveva il diritto di sapere.
Replica domenica 24 marzo ore 18.00.
Costo del biglietto 12 euro (intero); 10 euro (ridotto) per under 30 e over 65 acquistabili anche sul sito www.teatrocivico14.it
Conservato in una scatola nera mai più ritrovata, il sequestro Moro assume i contorni mitici di un giorno che resterà per sempre nella mente di chi viveva e arriverà ai posteri soffuso da un alone misterioso e inquietante, scontornato dal fatto storico, per entrare nella leggenda del “tu dov’eri, quel giorno?”. Si stratificheranno idee, ipotesi, complotti, versioni impressionistiche, come quella che esce dalle parole in romanesco di un lavoratore candido e dal carattere mite: “Uno che si chiama Spiriticchio che destino ha? Certo non quello di uno de fegato”. Circondato dai colori che gli fanno compagnia ogni giorno, l’uomo del popolo conosce il linguaggio dei fiori e intanto che racconta il suo mestiere, fatto di routine dura e poco redditizia, a contatto con le persone normali, spiegando cosa significhi davvero un crisantemo o un narciso, incrocia, praticamente senza volerlo, la vicenda del celebre politico della Democrazia Cristiana.
La storia con la “s” minuscola entra in contatto con la grande Storia senza soluzioni di continuità. Un contrasto impossibile, riscattato dalla dolcezza del fiore, che Spiriticchio intravede come trait d’union, in controluce, della sequenza micidiale che portò al rapimento: il cognome di uno dei brigatisti, il segnale del passaggio delle auto dato appunto con un mazzo di fiori, fino ai petali ritrovati sul cadavere di Moro. Segno dell’unica possibile partecipazione del paese messo all’oscuro: l’innocenza senza voce, la partecipazione passiva delle piccole storie alla storia grande, che si mette in moto inesorabile, calpestando tutti come schiacciasasse su un prato fiorito.
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