Il difensore dell’Inter Francesco Acerbi si è detto “triste e dispiaciuto” per l’accusa di aver rivolto insulti razzisti a Juan Jesus durante la partita Inter-Napoli. In un’intervista al Corriere della Sera, Acerbi ha sottolineato: “E’ una vicenda in cui abbiamo perso tutti.”
“Quando sono stato assolto, ho visto le persone attorno a me reagire come se fossi uscito dopo dieci anni di galera, molto contente di essere venute fuori da una situazione del genere: sono state giornate molto pesanti”, ha raccontato il calciatore.
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“Adesso che c’è una sentenza, vorrei dire la mia, senza avere assolutamente nulla contro Juan Jesus, anzi è il contrario perché sono molto dispiaciuto anche per lui, ma non si può dare del razzista a una persona per una parola malintesa nella concitazione del gioco. E non si può continuare a farlo anche dopo che sono stato assolto.”
Acerbi si è detto “triste per tutta la situazione che si è creata, per come era finita in campo, per come ci hanno marciato sopra tutti senza sapere niente”.
“Anche dopo l’assoluzione ho percepito un grandissimo accanimento, come se avessi ammazzato qualcuno”, ha insistito. “Ma questa non è lotta contro il razzismo, non c’è stato nessun razzismo in campo e io non sono una persona razzista: il mio idolo era George Weah e, quando mi fu trovato il tumore ricevetti una telefonata a sorpresa da lui che ancora oggi mi emoziona.
Si sta solo umiliando una persona, massacrando e minacciando la sua famiglia, ma per che cosa? Per una cosa che era finita in campo e nella quale il razzismo non c’entra nulla. Il razzismo purtroppo è una cosa seria, non un presunto insulto.”
Sull’eventuale convocazione in azzurro per gli Europei, Acerbi è cauto: “Io non mi aspetto niente. Ma per adesso preferisco non dire nulla sulla Nazionale, è giusto che prima ne discuta con Spalletti. Sono stanco, dopo oggi metto un punto alla vicenda. E non voglio parlarne mai più”.
Le parole di Acerbi evidenziano la gravità di un’accusa di razzismo, che può avere conseguenze pesanti anche a livello personale e familiare, anche in caso di assoluzione. È importante quindi che la lotta contro il razzismo si basi su fatti concreti e non su illazioni o strumentalizzazioni.
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