foto di repertorio
La sentenza iniziale sembrava inequivocabile: condanna definitiva per concorso in tentata estorsione. Tuttavia, quando sono giunte le motivazioni, è emerso che il ricorso presentato era stato accettato, senza nemmeno essere rinviato alla Corte d’Appello.
Purtroppo, nel frattempo, l’imputato aveva già scontato la pena in una cella del carcere di Poggioreale. Questo caso è accaduto a Napoli, coinvolgendo un operaio di 40 anni, senza precedenti penali, accusato di aver fatto da tramite tra la camorra e la presunta vittima di estorsione.
La sua vicenda giudiziaria è segnata da una serie di errori che il suo avvocato, Maurizio Capozzo, attribuisce a una “negligenza senza precedenti”. V.S., sposato e con figli, è stato posto ai domiciliari nel maggio del 2020 per concorso in tentata estorsione aggravata. Dopo un processo abbreviato, è stato condannato a 4 anni di carcere.
L’appello è stato fissato nel 2022, ma le parti non sono state avvisate e la sentenza di primo grado è stata confermata senza la possibilità di difendersi.
L’imputato e il suo avvocato hanno presentato un ricorso in Cassazione. L’udienza si è tenuta nel settembre del 2023: il procuratore generale, nel suo intervento, ha condiviso le argomentazioni difensive e ha chiesto l’annullamento della sentenza di appello. Tuttavia, la Corte, dopo una breve camera di consiglio, ha dichiarato il ricorso inammissibile e ha ordinato l’arresto immediato.
Così, l’indomani mattina, V.S. è stato rinchiuso in cella, dove ha dovuto scontare solo pochi mesi di pena. Nonostante potesse essere liberato anticipatamente, è rimasto in carcere per circa un mese.
Il colpo di scena è arrivato a dicembre, quando finalmente è stato rilasciato. La Suprema Corte ha depositato le motivazioni, e sia l’operaio che il suo avvocato hanno appreso con sorpresa e rabbia che il loro ricorso era stato accolto. La sentenza era stata annullata senza neanche essere rinviata.
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