Un’indagine coordinata dalla Procura di Asti ha portato all’arresto di quattro persone accusate di associazione per delinquere finalizzata al traffico di cellulari e droga nelle carceri italiane.I criminali utilizzavano droni ad alta tecnologia per consegnare mini-telefoni, smartphone, sim e caricabatterie ai detenuti. Il giro d’affari era di 100mila euro in poco più di un mese.
L’inchiesta è partita da un controllo di una volante della polizia ad Asti nell’ottobre scorso.Le consegne sono state scoperte nelle carceri di Asti, Saluzzo, Catania, Ascoli, Benevento, Teramo e Siriano Irpino.
Quattro persone sono state arrestate con l’accusa di associazione per delinquere. Nell’operazione, che ha coinvolto le squadre mobili delle questure di Napoli, Agrigento e Viterbo, sono state scoperte consegne nelle carceri di Asti, Saluzzo (Cuneo), Catania, Ascoli, Benevento, Teramo e Siriano Irpino.
Gli arrestati sono Simone Iacomino, già recluso ad Agrigento, Veronica Virgilio e Salvatore Sbrescia, residenti nella provincia di Napoli, e Vasll Dziatko, nel Viterbese.
I telefoni venivano calati da un’altezza di 30 metri, legati a un filo, dopo che gli organizzatori del traffico e un detenuto già in contatto con loro avevano stabilito i tempi e i modi delle consegne. Spesso i telefoni erano destinati a detenuti affiliati a organizzazioni criminali.
Durante le indagini è emerso che veniva consegnata anche droga insieme ai cellulari. Il procuratore capo di Asti, Biagio Mazzeo, ha sottolineato che non si tratta del primo caso in cui si è riscontrato l’utilizzo di droni in attività criminali e ha evidenziato la necessità di dotare le carceri italiane di strumenti di difesa tecnologica per contrastare l’utilizzo di queste tecnologie da parte dei criminali.
La collaborazione della polizia penitenziaria è stata fondamentale per l’indagine, che ha permesso di scoprire dodici consegne di droni nelle carceri italiane.
“L’utilizzo dei droni per introdurre oggetti illegali nelle carceri è un problema inquietante e in crescita. Le carceri italiane non sono dotate di strumenti per contrastare l’utilizzo di queste tecnologie. Bisogna correre ai ripari, dotando le carceri di sistemi di difesa tecnologica.”
Il questore di Asti, Marina Di Donato, ha elogiato il lavoro della squadra mobile e della polizia penitenziaria:
“La collaborazione tra le forze dell’ordine è stata fondamentale per sgominare questa banda.”
L’indagine di Asti è un esempio della necessità di rafforzare la sicurezza nelle carceri italiane e di contrastare l’uso di nuove tecnologie da parte dei criminali.
Articolo pubblicato il giorno 2 Febbraio 2024 - 20:28