Minacce ai familiari del pentito Salvatore Tamburrino, l’uomo che ha accusato Tina Rispoli, moglie del cantante neo melodico Tony Colombo di essere un capo camorra. Il clan Di Lauro per bocca del reggente Vincenzo (F2) non aveva perso tempo il 2 marzo del 2019.
Nel giro di poche ore impose ai familiari del neo collaboratore, reo di aver rivelato il nascondiglio del “boss fantasma” Marco Di Lauro (era stato latitante per bene 12 anni), di lasciare le loro case al Rione dei Fiori a Secondigliano.
Salvatore Tamburrino, che era stato per anni il vivandiere del boss latitante si era presentato in questura dopo aver assassinato per gelosia la moglie Norina Matuozzo e in quella circostanza rivelò agli investigatori il nascondiglio nel quartiere Marianella di Marco Di Lauro.
La diffusione della notizia su tutti i media scatenò la violenta reazione del clan Di Lauro. Lo hanno confermato agli investigatori gli stessi familiari del pentito che poi nei giorni successivi chiesero al loro congiunto Salvatore Tamburrino di fare attenzione anche a un avvocato.
Agli atti del Riesame che l’altro giorno ha confermato la detenzione in carcere per Tina Rispoli ci sono una serie di intercettazioni ambientali, alcune fatte anche in carcere e che riguardano la maxi inchiesta sui clan della Vinella Grassi e il clan Di Lauro che nel mesi di ottobre scorso ha portato in carcere 27 persone.
La sera dell’arresto di Marco Di Lauro, la mamma di Tamburrino fermò una pattuglia della Polizia di Stato incaricata di effettuare la vigilanza presso la sua abitazione, raccontò che:
“dei parenti del marito che abitano nello stesso quartiere, e due dei suoi nipoti, alla luce dei fatti accaduti e divulgati dai media si erano presentati la sera stessa presso l’appartamento dove si trovavano, in viale il Barbiere di Siviglia nr. 30 Corte C, …omissis… riferendo che stavano intercedendo per la famiglia DI Lauro affinché fosse chiaro il messaggio che tutti loro avrebbero dovuto immediatamente lasciare le abitazioni di residenza e consegnare loro le chiavi”.
La donna protestò e, “…i parenti del marito svolgendo la funzioni di intermediari, andarono via per poi ritornare poco dopo con nuove disposizioni. Le nuove disposizioni consistevano nel fatto che era stato concesso loro di restare una sola notte in quell’appartamento…”.
In effetti, così come riferito alla pattuglia della Polizia di Stato, Adelina Gambardella, madre di Salvatore Tamburrino indica Salvatore Di Lauro e il cognato Diego Leone quali autori delle intimidazioni. E infatti mette a verbale:
“… Verso le ore 20.00 circa mentre mi trovavo presso l’abitazione da me occupata ubicata in questa via Il Barbiere di Siviglia nr. 30 vennero a trovarmi mio cognato Emanuele Tamburrino, Angelo Tamburrino, figlio di Vincenzo ed uno dei figli di Emanuele di cui non ricordo il nome.
Emanuele Tamburrino mi disse che avrei dovuto lasciare immediatamente la casa in cui abitavo e che tale ordine era provenuto da terze persone che gli avevano messo un bigliettino sotto la porta della sua abitazione. Emanuele nella circostanza, non volle dirmi il nome di chi gli aveva dato tale ordine, ma sia fui che gli altri rivolsero offese a mio figlio facendo riferimento al fatto che aveva fatto arrestare Marco Di Lauro.
Emanuele aggiunse che per la tranquillità della famiglia dei Tamburrinio io, mio marito Cosimo i miei figli e i miei nipoti saremmo dovuti andare via dal “Terzo Mondo”. A questo punto intuii che l’ordine era partito dalla famiglia Di Lauro. Chiesi ad Emanuele di lasciarmi il tempo di trovare una nuova sistemazione; Emanuele scese giù a riportare la mia richiesta e quando risalì mi riferì che potevo rimanere in casa ancora per un paio di giorni.
Intuii che l’imbasciata proveniva da Diego Leone e Salvatore Di Lauro atteso che costoro si intrattenevano solitamente nei pressi dell’ingresso del palazzo dove è ubicata la mia abitazione. Quando Emanuele risalì gli dissi che sarei andata io personalmente a parlare con quelli di “in mezzo ali’ Arco” ovvero la famiglia Di Lauro. Preciso che giunsero presso l’abitazione in cui vivevo le forze dell’ordine, non ricordo se carabinieri o polizia, a cui riferii quanto accaduto. .. .”.
Minacce che furono confermate anche da Cosimo Tamburrino , padre del collaboratore iil 25 giugno 2020: “…Successivamente, in serata, tornai a casa mia, in via il Barbiere di Siviglia nr. 30, e lì mia moglie mi riferì che poco prima era stato lì mio fratello Emanuele mandato, da terze persone, a comunicarci che dovevamo andare via e lasciare il quartiere, poiché nostro figlio Salvatore stava collaborando con la giustizia…”
Era evidente che come il clan Di lauro, per il tramite di Emanuele Tamburrino avesse intimato, ai familiari di Salvatore Tamburrino di lasciare immediatamente il quartiere poiché quest’ultimo “aveva fatto arrestare” Marco Di Lauro e “stava collaborando con la giustizia”.
Che il clan Di lauro sapesse tutto già dal pomeriggio dell’arresto è stato confermato sia dalla mamma di Tamburrino sia dalla sorella Nunzia. le due hanno raccontato agli investigatori che già nel pomeriggio del 02 Marzo 2019, alle ore 16:30 circa, Anna Porcino moglie di Vincenzo Di Lauro, incrociando per strada Caterina Tamburrino, altra sorella di Salvatore, rivolgendosi a quest’ultima in questi termini si esprimeva: “Che cazzo ha fatto tuo fratello, ha fatto arrestare a Marco mio cognato”.
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