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We love Enzo, terza tappa con Imma Villa che interpreta ‘Trianon’ di Moscato

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Penultimo appuntamento di We love Enzo: giovedì 25 gennaio ore 20.30, in Sala Assoli, la rassegna dedicata da Casa del Contemporaneo alla lingua scenica di Enzo Moscato prosegue con Trianon, testo (edito da Guida), a cui presterà voce e corpo Imma Villa, accompagnata da tre giovani attrici formatesi presso il laboratorio del Teatro Elicantropo, Mariachiara Falcone, Valeria Frallicciardi e Francesca Morgante.

L’azione si svolge all’alba di un’epoca imprecisata in una ampia cella del Trianòn-carcere, detto anche «abbascio ‘o tammurro», in questo spazio abitato da un’umanità marginale sono recluse quattro prostitute, accidentalmente riunite per accertamenti in seguito a una retata della polizia.

Nel confronto e nel racconto delle protagoniste, quattro “replicanze” di un’unica anima reietta, la scrittura di Moscato fa emergere piccole e grandi miserie umane, che, in un gioco di numeri teatrali, si proiettano sul mitico palcoscenico del Trianon-teatro, a cui si fa allusione già nel titolo. Repliche fino a domenica 28 gennaio ore 18.00. Costo del biglietto: intero 18 euro; ridotto 14 euro. Promo card We Love Enzo: 2 spettacoli We love Enzo a 24 euro. Per info e prenotazioni: 345 467 9142 – assoli@casadelcontemporaneo.it

Un banale e comunissimo “incidente sul lavoro” (il solito fermo in questura di 24 – 36 ore per le prostitute) mette insieme nello spazio di una “nuttata” quattro esponenti della suddetta categoria – scrive Enzo Moscato nella scheda dello spettacolo. 3 Lulù e 1 Nanà. Le Lulù sono contrassegnate, per differenziarle, solo da un’elementare procedura aritmetica: Lulù 1, Lulù 2, Lulù 3. Omonima ma in fondo non del tutto anonima, identica faccia del mestiere più antico del mondo. C’è infatti, la cinica e incallita, c’è l’ingenua e sprovveduta, c’è la romantica doverosamente in linea con lo stilema da melodramma, sofferta e minata dalla tisi e c’è infine Nanà, forse un’”operaia”, forse un transessuale, forse solo una creatura femminile che ha dovuto imparare molto presto le maschili leggi della giungla dove ci si ritrova a battere tutt’e quattro ad ogni modo, collocate su una linea discorsiva e non rappresentativa della prostituzione, non foss’altro che per il “vizio” (che insistentemente dimostrano di avere) di riflettere e pensare su ciò che fanno e sono in relazione agli schemi etici, sociali e soprattutto di controllo poliziesco che la fiancheggiano, in un gioco di odio e sarcastica riconoscenza di ripulsa e momentanea rassegnazione. Questa strana ed eterogenea quadriglia stipata nella solita cella, riservata e di rito, cerca e trova una notte il modo di vincere il tempo e la coatta promiscuità nel più tradizionale dei modi possibili ossia raccontando, raccontandosi e cantando proiettandosi dalla galera verso un immaginario palcoscenico (il mitico “Trianon”, appunto) e avviluppando, ciascuna a suo modo, la propria autobiografia nelle volute di una spirale fiabesca (un fiabesco strettamente e inquietantemente intrecciato al quotidiano), che, nei suoi rimandi storico-politici, è l’eterno contentino-castigo con cui il potere sotto qualunque cielo ed epoca nutre dopo essersene servito i “deracines“, gli esclusi, non sempre però vincendo la partita soprattutto quando il gioco della “briglia e dell’imbroglio” diventa nelle mani degli ingannati, sberleffo beffardo, velenosa ironia”.

“Leggere o mettere in scena i testi di Enzo Moscato è sempre motivo di crescita per me. Ogni opera, ogni frase, ogni parola, contiene in sé tante possibilità di lettura – racconta Imma Villa. Ancora oggi, quando vado in scena con Scannasurice, praticando la sua lingua, scopro significati “nuovi”, che mi danno la possibilità di arricchire ulteriormente la vita del personaggio con sorprendenti nuove sfumature. È come se i testi di Enzo Moscato fossero “magici” e “mutanti” come i colori di un caleidoscopio. Trianon non è da meno, nasconde in sé mille possibili interpretazioni e necessita di grande studio, per poterle far emergere. Stavolta, lo faccio insieme a tre giovani e brave attrici, che si sono formate nel laboratorio del Teatro Elicantropo, ventennale fucina di bravi attori. Insieme scruteremo dentro quel caleidoscopio, per restituire, al meglio, agli spettatori, “il verbo” moscatiano“.


Articolo pubblicato il giorno 23 Gennaio 2024 - 18:42



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