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In occasione della Giornata Internazionale della Memoria, sabato 27 gennaio alle ore 17.30, per la settima edizione de “I Musei della Memoria, architetture che raccontano”, la Fondazione Ezio De Felice presenta l’incontro MEIS – Museo dell’Ebraismo Italiano e della Shoah a Ferrara. Sarà ospite d’eccezione Ludovica Di Falco, architetto, partner e fondatrice di SCAPE Architecture Paris, progettista del museo MEIS.
Dopo i saluti di Marina Colonna, Presidente della Fondazione Ezio De Felice, Michelangelo Russo, Direttore DiArc Università degli Studi di Napoli Federico II, introduce l’incontro. Chiude l’appuntamento l’intervento musicale intitolato Il gioco della memoria, tra parole cantate e parole narrate con il Coro Giovanile Le Voci del 48 diretto da Salvatore Murru e la voce recitante di Carolina Rapillo, a cura del Centro di Musica Antica Pietà dei Turchini.
Il Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah, situato a Ferrara, nasce con la missione di raccontare oltre duemila anni di storia degli ebrei in Italia. Da Sud a Nord, per secoli gli ebrei italiani hanno contribuito e partecipato all’evoluzione del Paese, attraversando fasi di integrazione e scambio e periodi difficili, segnati dalla persecuzione e dall’isolamento. Il museo testimonia una storia comune.
Il MEIS sorge a Ferrara, città che ha ospitato una delle comunità ebraiche più antiche e influenti d’Europa e che ha giocato un ruolo cruciale nella storia ebraica italiana. Decisiva la politica di accoglienza della casa d’Este e, in particolare dei duchi Ercole I e Ercole II, che vide il suo culmine negli editti che invitavano gli ebrei spagnoli e portoghesi cacciati nel 1492 a stabilirsi in città. Nonostante le leggi razziali e la persecuzione nazifascista, la comunità locale ha saputo resistere all’urto del tempo e delle difficoltà e dopo più di mille anni è ancora attiva.
Il MEIS, fondato nel 2003, ha come obiettivi principali la testimonianza e la documentazione della Shoah in Italia attraverso mostre, laboratori didattici, proiezioni e incontri.
Il museo si trova nelle ex carceri di via Piangipane a Ferrara, non lontano dall’antico Ghetto Ebraico, scelto per trasformare un luogo di reclusione in uno spazio aperto e inclusivo. Nel progetto architettonico, le strutture moderne, simbolo dei cinque libri della Torah, sono integrate con i due edifici storici. Il libro è metafora della consapevolezza e della ragione. Il MEIS è concepito come un ponte tra passato e presente, uno spazio dedicato alla cultura, alla condivisione di idee e alla libertà.
“Il progetto del MEIS ci ha presentato un luogo complesso ed eterogeneo. È un museo, ma anche un luogo della memoria, parte della città e della coscienza collettiva: un monumento storico. In altre parole, un paesaggio attraverso il quale i ricordi corrono e si intrecciano in maniera molto articolata; una combinazione di sedimentazioni e segni, sia fisici che immateriali, ordinati e dotati di significato attraverso il progetto architettonico. Come Giano bifronte, l’identità di pensiero alla base di questo progetto si basa su un doppio punto di vista: guardare contemporaneamente al passato e al futuro. La muratura, tipica di un ex carcere, si trasforma in un elemento da cui rigenerare il rapporto con la città: trasformando la chiusura in apertura e la distanza in prossimità. Il Museo dell’Ebraismo italiano è un museo della città, un museo per la città, uno spazio aperto” – spiega Ludovica Di Falco, autrice del progetto con Alessandro Cambi.
I Musei della Memoria
La Fondazione culturale Ezio De Felice, che svolge e promuove attività di studi e ricerche nel campo della conservazione e della museografia, organizza dal 2017 “I Musei della Memoria, architetture che raccontano”, ciclo di conferenze a cadenza annuale, invitando i protagonisti dell’architettura internazionale in occasione della ricorrenza del 27 gennaio. L’obiettivo è quello di articolare un percorso che analizzi quelle strutture museali che già nella loro espressione architettonica, prima ancora che nel percorso didattico/espositivo, annunciano ed anticipano temi che poi all’interno vengono articolati e sviluppati dall’allestimento museale e dagli spazi espositivi. “Architetture che raccontano”, per l’appunto, che ricorrono ad un linguaggio simbolico/educativo già dall’esterno recuperando il valore iconico dello spazio costruito, vocazione appartenuta alle architetture del passato e che oggi rischia di essere dimenticata. Dal 2017 sono stati ospiti: Andrea Wandel della Trier University of Applied Sciences che ha presentato il Judische Center di Monaco di Baviera, Paolo Coen dell’Università degli Studi di Teramo ha illustrato l’architettura di Moshe Safdie a Yad Vashem a Gerusalemme, Andràs Palffy della Technische Universität Wien ha presentato il progetto dello studio Jabornegg & Palffy del Museum Judenplatz a Vienna, Jacques Gubler, Guido Morpurgo e Annalisa De Curtis hanno raccontato il Memoriale della Shoah di Milano, Elena Montanari con la presentazione su I BBPR e il museo-monumento al deportato politico e razziale nei campi di sterminio nazisti di Carpi, Adachiara Zevi con l’incontro Monumenti per difetto, dalle Fosse Ardeatine alle Pietre d’Inciampo.
Articolo pubblicato il giorno 22 Gennaio 2024 - 17:30