Il decreto esclude dallo sconto chi vive in abitazioni unifamiliari e le unità abitative in edifici plurifamiliari; limitare i benefici alla disabilità accertata ai sensi della 104 significa non includere tanti anziani e persone con diverse disabilità motorie
Roma, 16 gennaio 2024 – L’art 3 del decreto 212, approvato dal CDM venerdì 29 dicembre ed entrato in vigore il sabato seguente, modifica in modo sostanziale le norme relative alla detrazione fiscale per l’abbattimento delle barriere architettoniche riducendo fortemente il numero dei potenziali beneficiari dello sconto in fattura del 75% e il processo per ottenere l’agevolazione fiscale diventa più complesso e costoso.
Il DL 212, infatti, esclude a priori dallo sconto in fattura tutte le abitazioni unifamiliari e le unità abitative site in edifici plurifamiliari. Chi vive in queste tipologie di abitazione (circa il 40% delle famiglie italiane) potrà continuare a usufruire dello sconto in fattura solo se sia in grado di dimostrare di occupare l’unità abitativa a titolo di abitazione principale e disponga di un reddito di riferimento non superiore a 15.000€, oppure è necessario che nel nucleo familiare sia presente un soggetto con disabilità accertata ai sensi dell’art 3 della legge 104/1992.
Riteniamo che la discriminazione che si viene a creare tra abitanti in unità abitative unifamiliari e condomini sia totalmente ingiustificata e particolarmente penalizzante: una persona afflitta da problemi di mobilità che rischia di essere vittima di una caduta ogni volta che affronta una scala, continua a poter godere dello sconto in fattura per un installazione sulle scale comuni di un condominio, mentre deve assorbirsi il 100% della spesa nel caso in cui lo stesso intervento venga realizzato sulle scale della propria abitazione, quelle che probabilmente deve affrontare più volte al giorno, per accedere alla camera da letto o alla stanza da bagno.
Subordinare il riconoscimento di una agevolazione fiscale alla tipologia abitativa (condominio o casa privata, residenza principale o secondaria), oltre a essere discriminante nei confronti dei cittadini, è controproducente dal punto di vista dell’interesse collettivo.
Un intervento pubblico che favorisca l’abbattimento delle barriere architettoniche si giustifica con l’obiettivo di migliorare strutturalmente la qualità dello stock abitativo al fine di rendere le abitazioni del nostro paese più sicure ed accessibili, indipendentemente da chi le abiti oggi.
Escludere le abitazioni indipendenti dallo sconto in fattura perché al momento non sono adibite a residenza principale o perché non vi abita stabilmente una persona con disabilità certificata, non favorisce il miglioramento della qualità dello stock abitativo.
Così facendo si perde di vista il vero obiettivo del superamento delle barriere architettoniche, ovvero rendere più sicuri ed accessibili tutti gli edifici, per adeguare la nostra struttura abitativa all’evoluzione demografica e al progressivo invecchiamento della popolazione.
Il nuovo DL del 29/12 sembra dimenticare che favorire l’abbattimento delle barriere architettoniche in tutte le tipologie di edifici adibiti ad abitazione (indipendentemente da chi ci abiti oggi) è la strategia più efficace per prevenire gli incidenti domestici e ridurre l’insorgere delle disabilità, con evidenti vantaggi economici per la sanità pubblica.
Le nuove norme saranno inevitabilmente discriminanti anche all’interno delle categorie (persone a basso reddito e disabili) che il legislatore ha voluto favorire.
Esistono in Italia molti anziani e disabili, con patologie che ne riducono la mobilità, che non dispongono di una certificazione ai sensi della legge 104; queste persone sono escluse dallo sconto in fattura.
Molte persone anziane, per far fronte alla perdita di autonomia, sono costrette a traslocare da figli e parenti ma spesso mantengono la loro residenza originaria e non entrano a far parte ufficialmente del nucleo familiare del parente che li accudisce. Queste persone, con le nuove norme, rischiano di essere escluse dallo sconto in fattura.
Anche il reddito di riferimento di 15.000 € parametrato sui componenti del nucleo familiare, risulta particolarmente basso se applicato alla popolazione più anziana. Secondo i recenti dati ISTAT, in Italia ci sono circa 5.750.00 famiglie nelle quali vive una persona con più di 65 anni e il 55% di queste (pari a 3.165.000) è formato da una sola persona.
Per questi 3.165.000 anziani che vivono soli, la soglia di reddito complessivo per poter usufruire dello sconto in fattura non deve essere superiore a 15.000 €; facciamo fatica a pensare che una pensionata vedova che vive da sola con un reddito di 15.500€ non meriti il sostegno dello sconto in fattura perché giudicata sufficientemente ricca!
Chiediamo con forza di correggere il decreto 212 eliminando le discriminazioni e limitazioni alla applicabilità dello sconto in fattura.
La decisione di abbattere le barriere architettoniche installando un montascale, un ascensore, o una piattaforma elevatrice è spesso una decisione sofferta, conseguente all’insorgere di difficoltà e patologie legate all’invecchiamento.
Sostenere con uno strumento efficace come lo sconto in fattura gli individui che affrontano queste difficoltà, aiutandoli a preservare autonomia mobilita e sicurezza è per la collettività un investimento che si ripaga.
Prevenire, grazie all’abbattimento delle barriere architettoniche gli incidenti domestici causati dalle scale, non solo riduce i costi per la sanità pubblica ma migliora le prospettive e la qualità della vita delle persone anziane, ma ne favorisce anche la partecipazione attiva alla vita sociale e ci aiuta ad adattare il territorio e le nostre abitazioni all’evoluzione demografica, nell’interesse di tutta la popolazione di ogni fascia d’età.
Inoltre, con il nuovo decreto, per il riconoscimento della detrazione fiscale diventa sempre obbligatoria l’asseverazione da parte di tecnici abilitati della rispondenza dell’intervento alle norme tecniche indicate nel DM 236/89.
Per la maggior parte dei contribuenti, l’asseverazione rischia di diventare un complicato ostacolo burocratico da superare e un inutile costo aggiuntivo.
La maggioranza degli interventi per l’abbattimento barriere architettoniche si concretizza nella vendita e installazione di un bene (servoscala, piattaforma elevatrice, montascale) che per la relativa semplicità del prodotto stesso e della installazione, non richiede alcun titolo abilitativo.
In caso di installazione di servoscala, montascale e piattaforme elevatrici, che non richiedono il titolo abilitativo, chiediamo che l’autodichiarazione del fornitore del bene possa continuare a considerarsi sufficiente a garantire la congruità dell’intervento a quanto richiesto dal DM 236/89.
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