Tante parole, pochi fatti. La conferenza stampa della Presidente del Consiglio è un esempio poco rassicurante per il Paese. Il contrario di quanto fosse lecito aspettarsi. L’evento non ha visto momenti di scontro, quanto piuttosto, una pagina sconfortante del dibattito politico. La Presidente del Consiglio è stata assai brava a svicolare su domande dirette, o sgradite, limitandosi a risposte vaghe, oppure cercando di gettare la causa dei problemi sui governi precedenti.
Governare è difficile. Ancor più in una democrazia matura. In esse vale il principio che qualsiasi maggioranza, eletta lecitamente, sia legittimata ad applicare il suo programma politico. Ma governare non significa comandare. Il governare implica il dialogo, il confronto, persino il cedimento occasionale rispetto ai propositi della maggioranza.
Sulla questione è molto preoccupante che – rispetto al richiamo di Mattarella sul rinnovo delle concessioni balneari – Giorgia Meloni abbia risolto il problema, affermando “ne terremo conto”. Esempio di palese sgrammaticatura Istituzionale, se non di poco rispetto nei confronti del Capo dello Stato.
Politicamente la Meloni è certamente brava, ma quello che fa acqua da tutte le parti è la compagine di governo nel suo insieme. Non vi è ormai ombra di dubbio sul fatto che l’esecutivo abbia un calibro mediamente basso. Salvo poche eccezioni, tanto i ministri quanto i sottosegretari e i vice ministri si dimostrano pericolosamente incompetenti.
Ad una domanda di un cronista Giorgia Meloni ha ribattuto che le piacerebbe sapere chi, in questo paese, “detta le carte”. Affermazione alla quale fa seguire una frase perentoria: “non mi farò ricattare”. Prospettiva lodevole con la quale la Presidente del Consiglio ha dovuto fare i conti. Nell’azione di Governo i responsabili politici (a cominciare dal Premier) sono sottoposti a pressioni da quelli che vengono indicati come poteri forti. Ad ogni scelta che Governo e Parlamento deve compiere, si levano gli scudi di questa o quella consorteria.
Riesce difficile credere che Giorgia Meloni, che fa politica da più di trent’anni, si stupisca di essere stata, anche personalmente, oggetto di attenzione da parte dei gruppi di interesse. Lei afferma con decisione di non aver ceduto in nessun caso. In verità, a dimostrare il contrario, basterebbe citare i casi dei sovraprofitti delle banche, del settore dell’energia, del
commercio delle armi, per concludere che anche il suo governo ha ceduto, in alcuni
casi, a pressioni dei gruppi di interesse.
Dalla conferenza stampa viene confermata la palese allergia di Giorgia Meloni per un confronto effettivo. Vi sono vicende con le quali la Premier fatica a fare i conti. Ad esempio Giorgia Meloni ha fatto cenno alla nomina di Giuliano Amato come coordinatore di una commissione di studio governativa sulla cyber sicurezza, sottolineando di non averla voluta lei. Amato ha subito dichiarato di essere pronto a farsi da parte. Questo caso dimostra la tendenza del Governo a escludere persone e soggetti sgraditi, perché non allineati con gli indirizzi della maggioranza.
Si tratta di un segnale preoccupante, sia sul piano politico, sia sul piano della qualità
del ceto di Governo. Soprattutto nei momenti di crisi occorrerebbe, per governare,
accogliere le forze e i soggetti migliori presenti nel Paese. Ciò vale sia per i politici
che per coloro che lavorano nelle istituzioni. Come diceva il Presidente De Mita, la
politica dà gli indirizzi, tutto il resto è amministrazione, cioè applicazione.
Luigi Santini
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