“Quel giorno ho distrutto la vita di Giulia e di nostro figlio”. È uno dei passaggi delle dichiarazioni spontanee di Alessandro Impagnatiello, alla prima udienza del processo dell’omicidio della compagna Giulia Tramontano incinta del loro figlio Thiago.
Si è presentato con la barba incolta, i jeans e le scarpe da ginnastica e una giacca blu. E’ rimasto in silenzio ma ha mosso le gambe e i piedi nervosamente tenendo lo sguardo rivolto verso il basso. Si è asciugato le lacrime dal viso con un fazzoletto bianco.
Sono “tante persone a cui voglio chiedere scusa, lo devo principalmente a Giulia”. Ha detto davanti Corte d’assise di Milano dove e’ partito il processo con non poche difficoltà per l’eccesiva presneze di media e gente comune tanto che dopo momenti di ressa si è deciso di cambiare aula.
Ma la Corte d’assise di Milano ha negato la possibilità di realizzare “riprese audio-visive” se non “alla lettura del dispositivo” di sentenza. La corte presieduta dalla giudice Antonella Bertoja ha letto l’ordinanza dopo pochi minuti di camera di consiglio e dopo aver ascoltato i pareri – tutti negativi – sulla presenza di telecamere in aula da parte della procuratrice aggiunta Letizia Mannella e del legale della famiglia Tramontano, Giovanni Cacciapuoti.
Impagnatiello, che all’inizio del processo ha pianto, ha parlato di “disumanita’ incredibile” prima di continuare “in un giorno ho distrutto la vita di Giulia e del bambino”. “Non chiedo che queste scuse vengano accettate perche’ sto sentendo ogni giorno quello che vuol dire perdere un figlio, non posso chiedere perdono. Sono completamente perso. L’unica cosa che io oggi faccio la sera e’ sperare di non svegliarmi piu’ la mattina
“, ha concluso nella sua dichiarazione spontanea l’imputato.Con la voce rotta e balbettando, soprattutto all’inizio delle brevi dichiarazioni spontanee rese in aula, Alessandro Impagnatiello ha sottolineato di essere “completamente a nudo”
, ribadendo le sue “più eterne scuse” per l’omicidio della fidanzata Giulia incinta al settimo mese.Nel corso dell’udienza Chiara Tramontano, la sorella di Giulia, ha guardato Impagnatiello più di una volta. Poi è uscita dall’aula del tribunale quando Alessandro Impagnatiello ha fatto una serie di dichiarazioni spontanee, scusandosi per l’omicidio della 29enne e del bimbo che portava in grembo. Poco dopo è uscito anche il padre. Ad ascoltare le sue parole sono rimasti la mamma Loredana e il fratello Mario, in piedi e vicini.
I familiari di Giulia Tramontano, il padre Franco, la madre Loredana, la sorella Chiara e il fratello Mario, sono stati ammessi come parti civili nel processo a carico di Alessandro Impagnatiello, accusato di omicidio volontario aggravato, anche dalla premeditazione, e che rischia una condanna all’ergastolo della fidanzata incinta, uccisa nella casa che condividevano a Senago.
La Corte d’Assise di Milano (giudici togati Antonella Bertoja e Sofia Fioretta e sei popolari), invece, ha respinto le richieste di costituzione di parte civile del Comune di Senago, dell’associazione Penelope e della fondazione Polis.
“Lo scorso marzo, ormai da mesi, l’imputato somministrava veleno alla vittima”. Lo ha spiegato, ribadendo in aula uno dei temi agli atti dell’inchiesta, il pm di Milano Alessia Menegazzo nella fase della richiesta di ammissione delle prove nel processo milanese a carico di Alessandro Impagnatiello per l’omicidio della fidanzata Giulia Tramontano, avvenuto il 27 maggio dello scorso anno a Senago.
La Corte ha ammesso tutte le prove e i testi richiesti da accusa, difesa e parte civile e ha aggiornato il dibattimento al 12 febbraio, fissando udienze anche per il 7 e il 21 marzo.
Il prossimo 7 marzo saranno interrogate Loredana e Chiara Tramontano, madre e sorella della vittima, oltre alla giovane amante che aveva avuto una relazione con l’imputato. Durante l’udienza, la Corte ha accolto le prove presentate dall’accusa (33 testimonianze, video privati, immagini delle telecamere e chat) oltre ai due testimoni della difesa, che ha chiesto anche l’esame dell’imputato e le richieste della parte civile.
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