Oltre 3000 disegni, frutto delle emozioni e delle paure di 12 detenuti del carcere di Secondigliano, sono stati trasformati in un cortometraggio animato dal titolo “Ofaria”.
Il progetto, nato dalla collaborazione tra la direzione del carcere e Art33, un cultural hub di Napoli Est, ha avuto come obiettivo quello di fornire ai giovani detenuti, di età compresa tra i 18 e i 25 anni, un’occasione di espressione di sé e della propria creatività.
“Da un lato, si è voluto fare in modo che questi ragazzi conoscessero il mondo dell’animazione anche da un punto di vista tecnico, seppur attraverso un primo e molto generale trasferimento di competenze, dall’altro si è voluto fornire loro una nuova occasione di espressione di sé e della propria creatività”, spiega la direzione della casa circondariale.
Il percorso formativo si è svolto in due moduli, uno di disegno e street art, curato dallo street artist Fabio De Angeli e dal fonico Salvatore Cosentino, e uno di illustrazione e animazione, con l’illustratore e regista Ahmed Ben Nessib e con i musicisti Antonio Raia e Sergio Naddei.
“Lavorare con i detenuti è stata un’esperienza straordinaria”, racconta Ben Nessib. “Ci siamo interrogati sulla funzione emotiva e cognitiva del faro, di cosa possa significare per una persona smarrita in mare, e abbiamo cercato nei nostri ricordi immagini e figure che, per metafora, hanno orientato i nostri viaggi”.
I detenuti hanno prodotto 3086 disegni, frutto di otto incontri. Il prodotto finale, il cortometraggio “Ofaria”, sarà proiettato per la prima volta venerdì 19 gennaio all’interno della casa circondariale alla presenza dei detenuti e dei familiari.
Un’esperienza di riscatto
Il progetto “Ofaria” è un esempio di come l’arte e la creatività possano rappresentare una forma di riscatto per le persone che hanno commesso reati. I disegni dei detenuti, infatti, raccontano storie di vita, di emozioni e di paure. Sono storie che, seppur difficili, possono essere trasformate in un’opera d’arte che può essere condivisa con gli altri.
Il cortometraggio “Ofaria” è un’occasione per riflettere sulle difficoltà che i detenuti devono affrontare, ma è anche un simbolo di speranza. È un messaggio di riscatto che dimostra che, anche a partire da esperienze difficili, è possibile costruire qualcosa di bello.
Articolo pubblicato il giorno 17 Gennaio 2024 - 15:11