Il carteggio tra il settimo principe di Sansevero e l’accademia linguistica di Firenze, per la prima volta pubblicato integralmente, rivela vicende e aspetti meno noti dell’intellettuale e mecenate settecentesco: lo studio di Fiammetta Rutoli (1949-2020) a cura di Fabrizio Masucci approfondisce il profilo letterario e linguistico di Raimondo di Sangro, l’Esercitato accademico della Crusca.
Nell’inserto iconografico del volume sono mostrate alcune immagini inedite delle carte custodite a Firenze.
Lunedì 11 dicembre, alle ore 16:30, al Maschio Angioino di Napoli, sarà presentato il nuovo volume di Fiammetta Rutoli, «Esercitar mi sole». Raimondo di Sangro e la Crusca in un carteggio di metà Settecento, a cura di Fabrizio Masucci, pubblicato dalla casa editrice alós.
Dopo i saluti di Renata De Lorenzo, presidente della Società Napoletana di Storia Patria, interverranno Nicola De Blasi, professore ordinario di Storia della lingua italiana all’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e accademico della Crusca, e Leen Spruit, professore di Storia delle idee nella prima età moderna alla Radboud University di Nimega. Parteciperà alla presentazione il curatore, Fabrizio Masucci, che ha annotato e ultimato il lavoro della madre, Fiammetta Rutoli. Durante l’incontro, moderato da Laura Donadio, già collega dell’autrice nell’Università Orientale di Napoli, Imma Villa e Cecilia Lupoli leggeranno alcuni brani dalle lettere trascritte nel volume.
Il lavoro di Fiammetta Rutoli (1949-2020), che è stata docente di Letteratura italiana e Lingua italiana all’Università Orientale di Napoli e conservatore della Cappella Sansevero, fa luce sul rapporto tra il settimo principe di Sansevero Raimondo di Sangro (1710-1771) e la più antica accademia linguistica del mondo, cui il principe fu ammesso nel 1743. Nel volume è pubblicata per la prima volta la trascrizione integrale del carteggio tra il principe e Andrea Alamanni, vicesegretario della Crusca, avviato nel 1742 e conclusosi nove anni dopo. Le lettere, conservate nell’Archivio dell’Accademia, sono precedute da un ampio studio, che commenta circostanze, avvenimenti e temi il cui approfondimento è sollecitato dalle parole dei due corrispondenti e da altre preziose fonti, come il documento di revisione linguistica della Lettera Apologetica, opera di Raimondo di Sangro stampata con l’approvazione della Crusca e firmata dall’autore con il nome accademico: Esercitato. Nell’inserto iconografico del volume sono mostrate alcune immagini inedite delle carte custodite a Firenze.
“Credo che il principale obiettivo dell’autrice nel dare risalto al dialogo instauratosi tra l’illuminato aristocratico della capitale borbonica e l’Accademia di Firenze fosse quello di mostrare come dall’incrocio delle due traiettorie – quella biografica di Raimondo di Sangro e quella secolare della Crusca – sprigionino scintille che gettano luce su caratteristiche, abiti mentali e inquietudini dell’uno e dell’altra, offrendo così uno spaccato delle spinte e delle resistenze che si contrapponevano, e talvolta venivano a patti, nella repubblica letteraria della penisola nei decenni centrali del Settecento”, scrive nella Prefazione Fabrizio Masucci, già curatore di altre pubblicazioni sul principe di Sansevero e sulla cappella barocca da lui ideata.
Il confronto tra la personalità irrequieta di Raimondo di Sangro e la Crusca, istituzione deputata a vigilare sulla purezza della lingua, fu segnato anche da attriti e maldigeriti compromessi. Si pensi, ad esempio, agli accesi imbarazzi suscitati in Accademia dalla ricezione di opere di argomento militare del principe di Sansevero (poi rimaste inedite), in cui l’autore faceva abbondante uso di termini tecnici, inammissibili perché assenti dal Vocabolario degli Accademici della Crusca: il tono provocatorio con cui di Sangro sottolineò tale carenza toccava un nervo scoperto dei lessicografi toscani, che da tempo progettavano un Vocabolario delle arti senza mai dare principio al lavoro. Anche la scelta del nome e della “impresa” da accademico del principe seguì un iter tribolato: prima dell’accettazione dell’impresa definitiva, raffigurante uno strettoio per fare i maccheroni con motto “Esercitar mi sole” (tratto da un verso di Petrarca), il principe si era visto rifiutare le prime due imprese proposte, per le obiezioni mosse dalla “sottil critica” dei censori della Crusca.
Il vaglio linguistico dell’Accademia fu anche proficuo per di Sangro, impegnato nel dichiarato proposito di scrivere con “emendatezza e proprietà” e “di formarsi nel nostro idioma uno stile, che fosse stato tutto suo”. Molto interessante, a tale riguardo, è il documento conservato nell’Archivio della Crusca – ampiamente commentato nel saggio – contenente le centinaia di correzioni e osservazioni dei quattro accademici chiamati a revisionare il manoscritto della Lettera Apologetica, che l’autore poté poi stampare con l’approvazione linguistica dell’Accademia. Benché in diverse circostanze gli interventi dei revisori tolgano freschezza, varietà di registri e screziature al testo originale del principe, nel complesso la lingua e lo stile dell’opera traggono vantaggio dal confronto con la Crusca: l’ortografia ne risulta ammodernata, passaggi involuti o ricercati vengono appianati, così come vengono limitati arcaismi, scelte stilistiche macchinose e scelte lessicali affettate o fuori registro. D’altro canto, gli accademici bollano come “francesismi” e correggono diversi usi che nel tempo si sarebbero ampiamente affermati nella norma dell’italiano.
Dalle lettere inviate ad Alamanni emergono tratti distintivi della personalità del principe di Sansevero: l’ironia, la verve pugnace ma aliena da ostinazione, la continua ricerca di riconoscimenti – come l’aggregazione alla Crusca e l’approvazione formale dei suoi scritti – che potessero valere anche da salvacondotto per diffondere le sue idee, invise agli ambienti culturali più conservatori e all’ortodossia cattolica. Nei documenti esaminati, inoltre, non mancano notizie sorprendenti: non solo il principe studiò – come è noto – l’antico sistema dei nodi degli Incas, i quipu, e ne espose una sua rielaborazione nella Lettera Apologetica, ma già prima della stampa dell’opera realizzò materialmente dei quipu, tanto da inviarne alcuni, annodati e colorati “alla sua maniera”, proprio all’Accademia della Crusca, accludendoli a una lettera del 1750.
Il volume di Fiammetta Rutoli, curato dal Fabrizio Masucci, arricchisce così di nuovi tasselli la figura di un aristocratico inteso ad accrescere il proprio prestigio, di uno spirito ironico e originale, di un pensatore eterodosso censurato dalla Chiesa romana.
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