La Corte di Appello di Napoli conferma la sentenza di condanna di Fincantieri Spa e Sait Spa al risarcimento del danno per il decesso dell’operaio Angelo T. avvenuto per un mesotelioma da esposizione alle fibre di amianto il 5 marzo 2016, a 72 anni, dopo grandi sofferenze.
I familiari della vittima, la moglie Francesca, i figli Alfonso e Maria, hanno pertanto ottenuto un indennizzo pari a un milione di euro. “Con questa sentenza – evidenzia l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto – si aprono le porte al risarcimento dei danni anche per tutte le altre vittime nel cantiere navale di Castellammare, soprattutto con in riferimento alla congruità del risarcimento per esposizione professionale del lavoratore all’amianto”.
La storia di Angelo, nato e residente con tutta la sua famiglia a Castellamare di Stabia è simile a quella di tanti altri lavoratori esposti ad agenti patogeni letali. L’uomo ha lavorato dal 1963 al 1995 per l’azienda Sait che forniva manodopera alla Fincantieri.
Nello specifico, ha svolto mansioni di manovale fino al 1966, pittore per due anni e poi coibentatore, sempre a contatto diretto con le polveri di amianto. A confermare l’esposizione anche Roberto Ficuciello, specialista in medicina legale e delle assicurazioni, che ha riconosciuto il nesso di causalità tra la patologia riscontrata e il lavoro svolto dall’ex dipendente.
“L’ambiente di lavoro – si legge nella decisione – era al chiuso, all’interno dell’unità navale, e privo di aspiratori localizzati delle polveri e senza ricambio di aria. Locali chiusi, come la sala macchine, presso i quali trascorreva l’intera giornata lavorativa, gomito a gomito anche con altri colleghi”. Le attività che svolgeva “determinavano aerodispersione di polveri e fibre di amianto, che rimanevano liberate nell’aria”.
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