Il bradisismo, il rischio eruzione, e l’allarme terremoto nei Campi Flegrei hanno innalzato il livello di allarme, portando il governo a promulgare un decreto apposito. Il decreto si focalizza sull’individuazione di quattro livelli di allerta (verde, gialla, arancione e rossa), con particolare attenzione a una specifica zona rossa. Si prevede lo sviluppo di un piano di evacuazione e il controllo degli edifici a rischio, con relativi interventi.
Un recente studio, condotto da ricercatori dell’Università di Bologna e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), ha evidenziato un lieve innalzamento del sottosuolo, attribuibile alle spinte del magma. Questo sollevamento, secondo il report pubblicato sul Journal of Volcanology and Geothermal Research, sembra essere causato da uno strato di roccia cilindrico, alto 500 metri e con un diametro di circa 5 chilometri, situato a due chilometri di profondità. Questo strato sarebbe attraversato da fluidi caldi e ad alta pressione emessi da una camera magmatica profonda, provocando la dilatazione dello strato roccioso e l’innalzamento del suolo.
Il ricercatore Massimo Nespoli ha spiegato che questa fonte di deformazione, precedentemente nota per aver contribuito al sollevamento del suolo tra il 1982 e il 1984, è stata riattivata. La modellazione fisica di questa sorgente di deformazione, legata all’arrivo di fluidi caldi e pressurizzati, ha permesso di spiegare il tasso di sollevamento e l’andamento della sismicità senza necessità di invocare la risalita di magma negli strati superficiali della caldera dei Campi Flegrei.
La presenza di questa sorgente deformativa è stata confermata da studi di tomografia sismica, e l’osservazione di una variazione del rapporto tra il numero di terremoti con magnitudo piccola e il numero di terremoti con magnitudo alta indica l’attività della sorgente deformativa, responsabile sia del sollevamento del suolo che dell’incremento della sismicità. Gli autori dello studio sono Massimo Nespoli, Maria Elina Belardinelli e Maurizio Bonafede del Dipartimento di Fisica e Astronomia Augusto Righi dell’Università di Bologna, insieme ad Anna Tramelli dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – Osservatorio Vesuviano.
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