Sono state le confessioni del collaboratore di giustizia Salvatore Tamburrino, ex uomo di fiducia di Marco Di Lauro, arrestato per aver ucciso la compagna Norina Matuozzo a dare l’imput alle indagini sulla honding camorra creata da Di Lauro insieme con i Licciardi e quelli della Vinella Grassi.
Mettendo appunto al centro dell’indagini il ruolo di riciclatori e im prenditori del clan del cantante Tony Colombo e della moglie Tina Rispoli e dei loro legami con F2, ovvero Vincenzo Di Lauro.
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Sono 41 gli indagati nella maxi inchiesta della Dda di Napoli che compaiono nelle oltre 1800 pagine dell’ordinanza cautelare firmata dal gip Luca Della Ragione.
“Il supermercato di Vincenzo Di Lauro – ha spiegato il pentito nel 2019 – è in un locale di Tina Rispoli, che ha in mano i soldi del defunto marito Gaetano Marino. Enzo Di Lauro voleva fare una società con Tina Rispoli, eventualmente sfruttando la visibilità mediatica di Tony Colombo, per sfruttare un marchio di abbigliamento a nome Corleone”.
Nel 2012-2013, dopo la morte del marito, Tina Rispoli “stava sulle palazzine Celesti e divenne lei la proprietaria della piazza di spaccio del marito”, secondo il collaboratore di giustizia.
“So che Tony Colombo venne picchiato dai fratelli Rispoli dopo che la relazione con Tina divenne ufficiale, ma sempre per una ragione economica, perché a quel punto lei iniziò a finanziare il cantante e non più i fratelli”.
Poi ci sono riferimenti all’apertura della casa discografica a Secondigliano, che fu oggetto di una stesa di camorra: “Per quanto riguarda i colpi sparati nella casa discografica di Tony Colombo – ha riferito Tamburrino – per quanto seppi da Raffaele Rispoli, furono esplosi da Gennaro Casaburi, cognato di Vincenzo Rispoli, proprio per una discussione accesa tra i due legata a questioni di droga”.
Incontri tra il nuovo boss Vincenzo Di Lauro ed elementi di spicco della camorra, come del clan Gionta di Torre Annunziata, sarebbero avvenuti all’esterno della casa discografica di Tony Colombo e Tina Rispoli. Tant’è che il cantante chiede a Di Lauro junior di non andare più lì perché aveva paura.
Secondo l’Antimafia, però, quello di Tony Colombo e Tina Rispoli è “un contributo consapevole” al clan Di Lauro. In particolare nella gestione del marchio di abbigliamento Corleone, registrato dal cantante neomelodico, ma – come ricostruiscono i carabinieri del Ros – stampato e distribuito da Vincenzo Di Lauro attraverso il negozio “Different 360” di Secondigliano.
Il 7 dicembre 2018, nel corso delle indagini, la guardia di finanza ha sequestrato un carico da 30 tonnellate di sigarette di contrabbando marco Regina nel capannone di Acerra. Dalle chat di Tony Colombo emergerebbe il coinvolgimento suo e della moglie Tina Rispoli: “Abbiamo perso tutto”. “Hai saputo? Hanno preso il capannone di Raffaele”. E la risposta di Tina: “O mio Dio. Sei sicuro che è quello?”. “Sì – è la risposta di Tony Colombo – con tutti i macchinari. Il capannone di Acerra”.
Nel febbraio 2016, Di Lauro – secondo quanto accertato nelle indagini – ha inaugurato il negozio per la vendita al dettaglio di abbigliamento nel quartiere Secondigliano, a Napoli. Appare evidente dal quadro emerso dall’attività di intercettazione che Tony Colombo “sia parte centrale nella creazione del marchio, di cui risulta depositario, e come Di Lauro sia partecipe a livello economico non solo per la distribuzione attraverso il negozio, ma finanziando con assegni anche la stampa del marchio sui capi di abbigliameno per i quali condivide sempre le decisioni con Tony Colombo”.
I prodotti, costituiti da capi di abbigliamento ed accessori, vengono pubblicizzati dallo stesso Colombo anche su quotidiani nazionali.
La fabbrica di sigarette della camorra sarebbe stata finanziata anche dal cantante neomelodico Tony Colombo e dalla moglie Tina Rispoli, vedova di un boss, ed era ad Acerra in via Varignano al civico 62.
. Qui, partendo dal tabacco trinciato, essiccato e sminuzzato, sarebbe state confezionate le sigarette destinate ai distributori al minuto. E per questo in un box nel quartiere nord di Napoli di Secondigliano, in via Antonio Tagliamonte, il boss Vincenzo Di Lauro, anche lui raggiunto dalla misura cautelare emessa dal gip Luca Della Ragione, aveva fatto stoccare ad esempio mille chili di tabacchi lavorati esteri di contrabbando.
Nella fabbrica sarebbero stati impiegati come manovalanza 11 cittadini stranieri. Nella fabbrica sono state prodotte, secondo le stime degli investigatori, circa 400 casse di sigarette al giorno con marca Regina e Diana, 4000 chili di prodotto in totale.
I due indagati – secondo quanto si legge nelle carte dell’inchiesta – hanno grande notorietà, “sia sui social sia sulla stampa e infine, inevitabilmente, in programmi televisivi nazionali, soprattutto dopo la celebrazione del loro matrimonio, dopo una lunga convivenza che suggellava un legame anche di affari” tra il neomelodico e la moglie, vedova di Gaetano Marino, boss di camorra ucciso in un agguato a Terracina, in provincia di Latina, nel 2012.
Un matrimonio che i due “decidevano di trasformare in un evento mediatico di grande risonanza, non solo per la pittoresca kermesse organizzata per la celebrazione del rito civile nel Maschio Angioino quanto per l’organizzazione di un evento musicale in Piazza del Plebiscito”.
I due hanno finanziato le “iniziative economiche legali (imprenditoriali nel campo della commercializzazione di abbigliamento e di prodotti alimentari e di bibite anche con marchi propri) ed illegali (Tle e stupefacenti) del clan e riferibili a Vincenzo Di Lauro” quale boss del clan. In questo modo hanno fornito “un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, diretto ad esplicare un’effettiva rilevanza!@ causale, come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacità operative de/l’associazione”.
Nel corso delle indagini è inoltre emerso che Vincenzo Di Lauro “utilizzasse la casa discografica di Tony Colombo, quale punto di riferimento per incontri riservati con esponenti di vertice di altre organizzazioni criminali”.
Rispoli, dal canto suo, “risulta detentrice di notevoli fortune economiche grazie alla rendita di posizione che ad ella deriva per la circostanza di essere la vedova di uno dei fondatori del clan Marino, storica consorteria di Camorra insediata nelle Case Celesti di Scampia grazie agli ingenti capitali illeciti che il marito le ha lasciato e che la stessa ha cercato di far fruttare attraverso una serie di iniziative economiche.
Risulta intestataria di notevoli asseet immobiliari e finanziari sin dal periodo in cui il marito Gaetano Marino operava quale capo del clan omonimo e né Marino né Rispoli avevano altri redditi propri legittimi”.
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