La Corte europea dei diritti umani ha condannato lo Stato italiano per la gestione della discarica di Lo Uttaro, nel comune di Caserta, dal 1994, accogliendo il ricorso presentato da 19 residenti della zona.
La Corte di Strasburgo ha respinto la tesi del Governo secondo cui i ricorrenti non avevano utilizzato tutte le vie legali disponibili a livello nazionale. La Corte ha osservato che Caserta e San Nicola La Strada, dove risiedono i ricorrenti, erano state colpite dalla crisi della gestione dei rifiuti dal 1994 al 2009.
Durante quel periodo i ricorrenti erano stati costretti a vivere in un ambiente inquinato dai rifiuti ammucchiati lungo le strade e presso i depositi temporanei dei rifiuti. Ha ritenuto che tale esposizione ai rifiuti, in violazione delle norme di sicurezza, aveva reso i ricorrenti più vulnerabili a varie malattie.
Tale constatazione è stata supportata dagli studi scientifici presentati dai ricorrenti, riconosciuti dalla Corte di Giustizia Ue e corroborati in un rapporto di indagine parlamentare del 2013.
Le autorità italiane non erano infatti state in grado di garantire il corretto funzionamento dei servizi di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti durante lo stato di emergenza verificatosi in Campania dall’11 febbraio 1994 al 31 dicembre 2009 e non avevano pertanto adottato tutte le misure necessarie per l’effettiva tutela del diritto dei ricorrenti al rispetto della propria abitazione e della propria vita privata, in violazione dell’articolo 8 (della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali).
Tuttavia, la Corte ha ritenuto che i ricorrenti non avevano dimostrato se e in quale misura tali carenze avessero avuto un impatto diretto sulle loro abitazioni e sulla loro vita privata dopo la fine dello stato di emergenza, a partire dal 1° gennaio 2010.
Ha pertanto ritenuto che vi fossero state da tale data nessuna violazione dell’articolo 8 con riguardo alla gestione dei servizi di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti.Dai documenti ufficiali forniti dalle parti risulta che il sito di Lo Uttaro ha causato un grave inquinamento ambientale dovuto a circa 20 anni di smaltimento abusivo di rifiuti.
Le autorità, infatti, sapevano già dal 2001 che l’impianto di smaltimento dei rifiuti rappresentava un grave pericolo, ma nel 2007 è stata concessa l’autorizzazione ad utilizzare la discarica per smaltire rifiuti non pericolosi, aggravando così il danno ambientale.
Tale situazione, che ha portato a ripetuti divieti di utilizzo delle acque sotterranee, deve aver avuto un impatto diretto sul benessere personale degli abitanti di Caserta e San Nicola La Strada, come i ricorrenti.I documenti evidenziavano inoltre che, nonostante l’impianto fosse stato chiuso nel 2007, i rifiuti avevano continuato a mettere in pericolo la salute dei ricorrenti.
Secondo le ultime informazioni disponibili, i progetti messi in atto per la messa in sicurezza e la bonifica non erano ancora stati completamente attuati e non esisteva un calendario chiaro per farlo.
La Corte ha pertanto ritenuto che le autorità italiane non avevano adottato le misure necessarie per tutelare il diritto alla vita privata dei ricorrenti contro l’inquinamento ambientale causato dalla discarica di Lo Uttaro. La Corte ha ritenuto che la constatazione di violazione costituisse di per sé un’equa soddisfazione sufficiente per qualunque danno morale subito dai ricorrenti.
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