Un teste al processo per le violenze in carcere di Santa Maria Capua Vetere ha minacciato di far saltare il processo se non fossero state prese misure per tutelare i detenuti.
Il teste, Bruno D’Avino, 26 anni, è stato uno dei capi delle proteste scoppiate nel carcere il 5 aprile 2020, in pieno lockdown, per la notizia di casi di positività al Covid. Le proteste provocarono la perquisizione straordinaria degli agenti con i pestaggi dei detenuti il giorno dopo.
D’Avino, che si è costituito parte civile nel processo, ha dichiarato in aula: “Se voglio domani faccio una telefonata e faccio saltare il processo, qua non viene più nessuno a testimoniare”.
Le sue parole hanno provocato la reazione del pm Alessandro Milita, che ha chiesto al presidente del collegio di Corte d’Assise Roberto Donatiello di sospendere l’udienza per qualche minuto.
Dopo la sospensione, D’Avino ha spiegato di aver pronunciato quelle parole per sfogarsi e per esprimere la sua rabbia per il fatto che gli agenti imputati nel processo siano stati reintegrati in servizio.
Un altro momento di tensione in udienza si è verificato quando D’Avino ha ammesso che il 5 aprile, durante le proteste, ha minacciato gli agenti di tirare loro addosso dell’olio bollente.
Il difensore di un imputato, Angelo Raucci, ha chiesto al presidente di fermare l’esame del teste, perché si è autoaccusato di vari reati, tra minacce e resistenza a pubblico ufficiale.
Il presidente Donatiello ha respinto la richiesta, affermando che i fatti del 5 aprile non avrebbero attinenza con le violenze avvenute il giorno dopo.
Prima di pronunciare le parole contestate, D’Avino si era rivolto all’ex agente penitenziario Angelo Bruno, oggi in pensione, dicendo: “che c’è, ora non fai il guappo?” Successivamente, D’Avino ha espresso la sua frustrazione: “A noi chi ci tutela, io ho denunciato i miei carnefici e ora sto con loro”, facendo riferimento al fatto che nel carcere di Carinola lavorano agenti imputati nel processo che erano stati sospesi ma poi reintegrati dall’amministrazione penitenziaria.
Angelo Bruno ha reagito alle parole di D’Avino annunciando una querela. Ha dichiarato di conoscere D’Avino e molte altre persone nelle carceri in cui ha lavorato e crede che le loro minacce siano reali. Tuttavia, il pubblico ministero ha considerato le parole di D’Avino come “esternazioni, non minacce”.
Durante l’udienza, D’Avino ha anche ammesso che durante le proteste del 5 aprile avevano minacciato gli agenti con l’olio bollente, ma l’hanno usato per cucinare gli spaghetti. Questo ha portato l’avvocato Angelo Raucci a chiedere di fermare l’esame del teste, sostenendo che si era autoaccusato di vari reati e che dovrebbe essere sentito come un indagato. Tuttavia, il presidente del collegio ha ritenuto che i fatti del 5 aprile non fossero collegati alle violenze del giorno successivo e ha deciso di continuare l’udienza.
Bruno D’Avino è attualmente detenuto a Carinola, in provincia di Caserta.
Il processo per le violenze in carcere di Santa Maria Capua Vetere è in corso all’aula bunker del carcere di Santa Maria Capua Vetere.
Gli imputati sono 105, tra agenti penitenziari, funzionari del Dap e medici dell’Asl di Caserta.
Le violenze avvenute il 6 aprile 2020 hanno causato decine di feriti tra i detenuti.
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