Alcuni detenuti del carcere di Poggioreale potranno svolgere attività di lavoro di pubblica utilità non retribuita nel parco archeologico di Pompei.
E’ questo l’oggetto del protocollo siglato – si legge su ‘Giustizianewsonline’, notiziario web del ministero della Giustizia – tra il parco archeologico, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria-casa circondariale “Giuseppe Salvia” di Poggioreale, il tribunale di sorveglianza di Napoli e il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale.
“Un’iniziativa – ha rilevato il Guardasigilli Carlo Nordio in un messaggio inviato in occasione della firma del protocollo d’intesa – e coniuga elementi essenziali per attuare in pieno la funzione costituzionale della pena: il lavoro innanzitutto, ma anche la cultura e la bellezza.
Dopo quello per i percorsi di messa alla prova, ora anche questo accordo sul lavoro di pubblica utilità, che consentirà ad alcune persone private della libertà di lavorare presso il parco archeologico più famoso al mondo, assume un valore straordinario.
A chi verrà a prestare qui il proprio servizi, persone ovviamente con profili adatti, noi offriamo una nuova occasione. La offriamo a loro e la offriamo alla nostra società: il lavoro è infatti la via maestra per arrivare alla recidiva zero, evitare cioè che chi abbia commesso un reato torni a delinquere”.
L’accordo è stato firmato stamani nell’auditorium degli scavi dal direttore del parco archeologico di Pompei Gabriel Zuchtriegel, dalla magistrata di sorveglianza Patrizia Mirra, dal Garante dei diritti delle persone private della libertà personale Samuele Ciambriello e dal direttore della casa circondariale “Giuseppe Salvia” di Napoli, Carlo Berdini.
All’incontro di presentazione del progetto ha partecipato, tra gli altri, il capo del Dap Giovanni Russo, il quale ha sottolineato la peculiarità di un’iniziativa che si svolge nel parco archeologico di Pompei, dal 1997 patrimonio dell’Umanità Unesco, ed ha definito l’umanità “uno dei temi che devono attraversare l’esecuzione della pena”.
“Ho provato a immaginare una detenzione ottusa fatta solo di privazione di libertà come una coltre di cenere e lapilli proprio come quelle vite sommerse nel 79 d.C a cui l’archeologia restitituisce realtà”, ha evidenziato Russo, rilevando che, invece, “facciamo sì che si sentano parte di questo patrimonio dell’Umanità, che riescano a cogliere quanto c’è di unico e straordinario in questo parco. E avviamo un processo per trasformare Pompei in un sito mondiale del recupero sociale”.
Il protocollo segue e integra, spiega ancora via Arenula, “l’esperienza positiva tuttora in corso, che vede il parco archeologico di Pompei già sede di lavori di pubblica utilità per imputati non ancora sottoposti a processo”.
A loro si aggiungeranno, grazie al nuovo accordo, 5 persone in misura alternativa, individuate dall’equipe di osservazione e trattamento della casa circondariale, che valuterà requisiti giuridici, caratteristiche personali e motivazioni dei candidati.
Dopo l’approvazione da parte della magistratura di sorveglianza dei programmi proposti dall’equipe, le persone detenute ritenute idonee saranno formate per svolgere gli incarichi a loro assegnati, consistenti perlopiù in attività di manutenzione ordinaria dell’area archeologica e di supporto agli uffici amministrativi. I lavori di pubblica utilità non prevedono una retribuzione, ma i detenuti coinvolti percepiranno un rimborso spese da un fondo messo a disposizione da Cassa delle ammende.
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