In un momento cruciale, l’ossessione del gioco d’azzardo si scontra con le tattiche della criminalità: “Aumentando il mio debito e ricevendo minacce pesanti (come: ‘Ti spezzo le gambe’), anche durante la notte, pensavo di giocare solo per cercare di recuperare il mio debito”, ha raccontato Nicolò Fagioli il 28 settembre davanti alla Procura della Federcalcio.
Sono minacce dirette alla sua sicurezza, situazioni da film gangster. Tuttavia, tre mesi prima, il 23 giugno, nella stanza d’interrogatorio del quinto piano della Procura di Torino, quella frase così cruda e rivelatrice non appare nel resoconto ufficiale dell’interrogatorio condotto dal pubblico ministero Manuela Pedrotta e da tre agenti della Squadra Mobile.
Certo, è un resoconto riassuntivo, con cinque parti evidenti nascoste dietro “omissis” in altrettante pagine dell’atto, ma un passaggio del genere non è menzionato. Anche se si tratta di un dettaglio apparentemente minore, questa omissione genera una domanda che, come il diavolo, si nasconde nei dettagli.
Se le minacce gravi sono state fatte, si potrebbe procedere per tentata estorsione ai danni del giovane centrocampista della Juventus, che sarebbe la vittima in questo caso. Per chiarire meglio questo aspetto, il giocatore potrebbe essere richiamato per fare chiarezza sul punto e, eventualmente, fornire dettagli più precisi. Al momento, però, non è stata emessa alcuna convocazione formale da parte degli inquirenti.
In un’indagine così complessa, questo dettaglio è fondamentale, perché il passaggio da “aperture di credito” per le scommesse a richieste di pagamento sotto minaccia fisica svelerebbe la dimensione criminale dei personaggi coinvolti.
Questo era l’aspetto su cui i detective della Squadra Mobile, guidati da Luigi Mitola, stavano indagando inizialmente, prima di incrociare il percorso dei giovani e ricchi talenti del calcio. Al momento, possiamo solo formulare ipotesi: Fagioli potrebbe aver inconsciamente minimizzato l’episodio delle minacce per paura delle intimidazioni subite; oppure potrebbe aver enfatizzato la situazione nel contesto sportivo per mitigare la sua posizione, considerando la prospettiva di una possibile squalifica.
Tuttavia, non ci sono prove o indizi negli atti che dimostrino la presenza di creditori che aspettavano Fagioli fuori dalla Continassa per richiedere indietro i soldi, o almeno nessuna segnalazione in tal senso è giunta alla questura di Torino, né dal servizio di sicurezza del club né dal calciatore stesso.
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