Nel contesto del processo che ha indagato sulle connessioni tra calcioscommesse e criminalità organizzata di Napoli, i giudici (Antonio Palumbo, Angela Paolelli e Barbara Mendia) della V sezione penale del Tribunale di Napoli hanno affermato che la presenza “indiscussa e indiscutibile” di Armando Izzo a uno degli incontri di calcio coinvolti nell’inchiesta, insieme alle telefonate di convocazione fatte prima delle partite, costituiscono prove evidenti della sua colpevolezza.
Izzo, attuale difensore del Monza, è stato giudicato colpevole di concorso esterno in associazione camorristica e frode sportiva. Il verdetto è stato emesso lo scorso 4 maggio.
Secondo i giudici, è stato dimostrato che il calciatore napoletano era disponibile a partecipare alle iniziative del clan della Vinella Grassi di Secondigliano. In seguito a questa valutazione, Armando Izzo è stato condannato a cinque anni di reclusione. Il procuratore Maurizio De Marco, durante la sua requisitoria, aveva richiesto una pena di 4 anni e 10 mesi per il calciatore.
Nello stesso processo, sono stati condannati anche Umberto Accurso, capo del clan della Vinella Grassi di Secondigliano, e Salvatore Russo, ritenuto legato allo stesso clan, entrambi a un anno e mezzo di reclusione. I fatti che hanno portato alla condanna di Armando Izzo risalgono al periodo in cui giocava per l’Avellino, durante il campionato di serie B del 2013-2014. La sentenza di primo grado conferma il coinvolgimento del calciatore in attività illecite legate alle scommesse sportive e alle connessioni con la criminalità organizzata.
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