Agente penitenziario del carcere di Aversa accusato di aver introdotto illegalmente trelefoni cellulari per i detenuti è finito sotto processo ma nel corso del dibattimento in aula si è scoperto che il nome non compare mai negli atti.
E tra l’altro il detenuto che lo accusava si è avvalso dalla facoltà di non rispondere e del telefono che l’agente avrebbe fatto entrare non c’è stata mai alcuna traccia e mai è stato sequestrato e la cosa piu’ significativi per la difesa dell’agente è che sul verbale/relazione di chi ha fatto quel indagine non è stato mai fatto e scritto il suo nome e cognome.
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Solo ieri è emerso questa cosa in udienza: la registrazione della conversazione in cui il nome dell’imputato non compare.
Il processo si sta celebrando dinanzi alla Seconda Sezione Penale del tribunale di Napoli Nord presieduta dal giudice Giuseppe Cioffi nel processo a carico di un 32enne di Trentola Ducenta agente della polizia penitenziaria finito sotto processo per aver fornito droga e cellulari per i detenuti del carcere di Aversa.
Nell’aprile del 2020, in pieno lockdown, l’agente venne bloccato dai suoi colleghi dopo una complessa indagine coordinata dalla Procura di Napoli Nord. Il poliziotto, secondo quanto emerso, si era messo a disposizione di alcuni detenuti consentendo loro di avere accesso a telefoni cellulari e dosi di droga. E, per i suoi servigi, avrebbe intascato del denaro.
All’agente vennero contestati i reati di corruzione, traffico di influenze illecite, rivelazione di segreto d’ufficio. Inoltre venne accusato anche di avere preso delle tangenti promettendo, in cambio, l’accesso al concorso per la polizia penitenziaria.
Si torna in aula a gennaio per l’escussione di ulteriori testi della Procura. L’imputato è assistito dall’avvocato Enzo Guida.
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