Le immagini delle telecamere di videosorveglianza, le telefonate registrate e i dati documentali già in possesso della procura confermano quello che era il sospetto della prima ora: nessuno aveva autorizzato l’avvio dei lavori al binario 1 della stazione di Brandizzo, nel Torinese, dove nella notte tra mercoledì e giovedì un treno in transito ha travolto e ucciso cinque operai. Antonio Massa, 46 anni di Grugliasco, l’addetto di Rfi al cantiere, il cosiddetto “scorta-ditta”, è stato il primo a finire nel registro degli indagati.
“E’ un uomo distrutto”, sottolineano negli uffici della procura di Ivrea, dove in queste ore stanno affluendo faldoni di documenti da analizzare. Lui stesso, sentito nelle ore immediatamente successive il disastro, mentre ancora si trovava in ospedale a Chivasso, ha ribadito più volte di avere “mandato a morire quei ragazzi”. Come? Non rispettando le procedure di sicurezza.
“Il cantiere è iniziato senza alcun nullaosta”, sottolinea la procuratrice capo d’Ivrea, Gabriella Viglione, confermando gravi violazioni della procedura di sicurezza prevista per i cantieri di manutenzione ferroviaria. Il sospetto è stato confermato dall’incrocio di tutti gli elementi già raccolti dagli investigatori. A partire proprio dalle telefonate intercorse tra Massa e la dirigente movimento della stazione di Chivasso.
I lavori, infatti, erano previsti in quel tratto e in orario notturno, ma era necessario coordinarsi con la sala operativa in quanto era previsto il passaggio di tre treni: uno di linea, uno di servizio (quello che ha travolto gli operai) e un terzo convoglio all’una e mezza di notte. Stando alle registrazioni, alle 23.30, la sala operativa avrebbe fornito all’addetto Rfi a Brandizzo delle fasce orarie nel corso delle quali effettuare i lavori, in relazione ai previsti passaggi dei treni, ma nessun via libera ad avviare il cantiere.
Quando a mezzanotte, Massa richiama Chivasso per ottenere il nullaosta, il primo treno di linea è già transitato ed è possibile che sia stato erroneamente scambiato per il secondo che, invece, stava arrivando proprio in quel momento in stazione, a una velocità prossima ai 160 chilometri orari. Gli operai, a quel punto, si trovavano già sui binari, evidentemente autorizzati dal referente Rfi e dal capocantiere, ma senza alcun via libera dalla centrale. Nella telefonata, prima che la linea cada, si sente sopraggiungere il convoglio.
Quando Massa, pochi secondi dopo, riesce a ricontattare la centrale di Chivasso, la tragedia si è già consumata. Non è l’unico indagato: con lui c’è anche Andrea Girardin Gibin, 52 anni di Borgo Vercelli, capocantiere della Sigifer, l’azienda vercellese che aveva in appalto i lavori di manutenzione sui binari. Erano entrambi vicino al binario 1 quando il treno ha travolto i cinque operai. Saranno interrogati la prossima settimana a Ivrea. Per quanto riguarda i reati la procura indaga per disastro e omicidio colposo, ma non è escluso si arrivi a ipotizzare il dolo eventuale.
“Ci stanno scrivendo colleghi da diverse procure – rivela poi la procuratrice Viglione – per segnalare episodi più o meno simili che si sono verificati di recente. Per questo proseguiamo anche con gli accertamenti per verificare se può essere considerata sicura la procedura complessiva. Quanto accaduto ha reso palese che il meccanismo di garanzia non era sufficiente a tutelare un lavoro così delicato”.
Per quanto riguarda i funerali dei cinque operai invece si dovrà attendere ancora qualche settimana, perché c’è un oggettivo problema con l’identificazione dei resti. Un pool specializzato di medici legali è al lavoro, con diverse tecniche, per riuscire a identificarli in maniera ragionevole: le procedure dureranno parecchio tempo.
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