cesare moreno
“E’ come se avessero messo insieme le chiacchiere del bar e le avessero trasformate in articoli di legge, è una cosa molto triste: stiamo dando ai ragazzi uno spettacolo di insussistenza, incapacità a rispondere adeguatamente. Diamo solo risposte simmetriche: i ragazzi si arrabbiano con noi e noi ci arrabbiamo con loro; loro sono cattivi con noi e noi siamo cattivi con loro: questo conferma nei ragazzi la sfiducia nei confronti degli adulti”. E’ il commento di Cesare Moreno, maestro elementare e presidente dell’associazione Maestri di Strada onlus da anni impegnato con i giovani delle periferie di Napoli, le misure del governo per gli adolescenti.
“Noto che c’è più preoccupazione della propria immagine, del proprio ruolo che non una analisi del problema – specifica Moreno – Punisco perché devo difendere la mia immagine”. Occorre invece, ad esempio, che “gli insegnanti rimangano nelle scuole difficili, non vadano via dopo un anno”, che abbiano una preparazione specifica: “Abbiamo insegnanti bravi ma non sanno nulla del funzionamento psichico dei ragazzi, questo non si risolve chiamando lo psicologo – spiega Moreno – I ragazzi sono una ‘macchina’ complessa che va riparata mentre è in funzione, non si può ‘aggiustare’ e mandarla a scuola, il percorso va fatto mentre sono a scuola”.
I giovani “devono essere coinvolti in una relazione: la scuola non è solo un luogo dove si apprendono le materie scolastiche, ma è anche il luogo dove si apprende la solidarietà, il rispetto dell’altro”. Se si vive “in un continuo stato di tensione, con la paura dell’altro, la rabbia si accumula e quando esplode accadono tragedie come in piazza Municipio – spiega Moreno – dunque occorre avere spazi per raffreddare la rabbia, per insegnare a controllare questa rabbia esagerata. La violenza è connaturata con l’uomo ma si può imparare a essere pacifici, ad esempio usando la parola. Molti di questi ragazzi non sanno dominare le proprie emozioni, allora dobbiamo parlare, dialogare”.
Moreno liquida invece la dispersione scolastica come fenomeno marginale: “Ci sono genitori sciagurati certo, ma stanno in galera per altre ragioni”. Nei quartieri difficili, “i ragazzi vogliono andare a scuola e i genitori vogliono mandarli a scuola, magari perché così evitano che l’assistenza sociale entri in casa” scoprendo affari illegali. Un vero problema sono i neet: “Nel mio quartiere sono il 42 per cento, uno su due non studia, non fa formazione, non lavora: con chi ce la prendiamo?”.
E gli assistenti sociali? “Chi parla del servizio sociale su scala nazionale sa che questo non è specializzato? La mattina l’assistente si può occupare dell’orfano, del disperso scolastico, del tossico… occorre al contrario un assistente dedicato e che faccia pronto intervento”. Infine: “siamo una società maschilista: chi violenta le ragazze lo fa perché è immerso in una cultura in cui le donne sono inferiori. E nelle scuole non trova una educazione di genere”.
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