Tanti “non ricordo” e un “abbaglio”, che potrebbe rivelarsi determinante sotto il profilo dell’attendibilità, per il primo detenuto sentito come parte offesa al processo per i pestaggi dei reclusi avvenuti al carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020.
Il testimone Ciro Esposito parla della “cella zero”, una cella dove “si fanno torture e che stava nel reparto Danubio e in cui sono stato portato e picchiato il 6 aprile. Fu uno choc”, dice. Esposito faceva parte della quindicina di detenuti che per la Procura furono trasferiti, perché ritenuti i più facinorosi, dal reparto Nilo, quello delle violenze, al Danubio per l’isolamento.
Riferisce la presenza di un poliziotto in borghese con bomber, ricciolini e occhiali, “che mi ha dato uno schiaffo dopo che gli avevo consegnato il cellulare, e che è entrato nella cella dove mi avevano portato: è Antonio Fullone (il provveditore delle carceri della Campania), ne sono certo perché è stato in passato il direttore di Poggioreale, dove io sono stato recluso”.
Dalle indagini della Procura è però emerso che il 6 aprile, al carcere di Santa Maria Capua Vetere, Fullone non c’era. Di fronte all’affermazione così netta, il sostituto procuratore Daniela Pannone e quindi l’aggiunto Alessandro Milita hanno chiesto più volte conferma al teste: “Sì”, ha risposto il detenuto, visibilmente confuso, mentre si teneva la testa con le mani.
“Perché in sede di sommarie informazioni non lo ha mai fatto il nome di Fullone?”, chiede la Pannone, “perché volevo tenermelo per me” dice Esposito. A quel punto Milita si alza, si avvicina ad Esposito al banco dei testimoni e gli mostra una foto raffigurante un agente che, all’epoca, identificò in colui che lo aveva picchiato quella volta: “lei – gli chiede il magistrato – dopo i fatti fu sentito e riconobbe in questa foto, che ha sottoscritto, l’agente Angelo Bruno?”.
E il teste risponde affermativamente lasciando la questione avvolta in un velo di perplessità. Secondo alcuni avvocati però quello del testimone “non è un errore di persona, perché il teste ha parlato di Fullone come persona nota a tutti i detenuti”, quindi facilmente riconoscibile, “per essere stato in passato direttore del carcere di Poggioreale”.
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