Lutto nel mondo del calcio. E’ morto all’età di 88 anni Luis Suarez Miramontes, detto Luisito. Nato a La Coruna il 2 maggio 1935, era considerato uno dei migliori giocatori della sua generazione. Detto l’architetto per le sue doti balistiche, ha esordito tra i professionisti nel 1953 tra le fila del Deportivo La Coruna per poi trasferirsi al Barcellona, dove ha vinto due edizioni del campionato spagnolo, della Coppa nazionale e della Coppa delle Fiere.
Nel 1961 è approdato all’Inter, con la quale ha conquistato tre campionati italiani (1962-1963, 1964-1965 e 1965-1966) nonché due Coppe dei Campioni (1963-1964 e 1964-1965) e altrettante Coppe Intercontinentali. Sotto la guida dell’allenatore argentino Helenio Herrera, che lo aveva già avuto alle sue dipendenze nel Barcellona, si affermò nel contempo come uno dei migliori registi del panorama internazionale venendo annoverato ancora oggi tra i massimi interpreti del ruolo nella storia del calcio. Ha concluso la carriera nel 1973 giocando per la Sampdoria.
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Con la maglia della nazionale spagnola ha collezionato 32 presenze e segnato 14 reti partecipando alla vittoriosa edizione casalinga del campionato d’Europa 1964 e a due Mondiali, nel 1962 e 1966. A livello individuale ha messo in bacheca il Pallone d’oro 1960, divenendo il primo e unico spagnolo ad aggiudicarsi il prestigioso riconoscimento messo in palio da France Football (fatta eccezione per l’oriundo Alfredo Di Stefano).
Dopo il ritiro dall’attività agonistica, intraprese la strada di allenatore guidando nel 1973-74 il settore giovanile del Genoa: l’anno seguente rimpiazzò Masiero (suo compagno di squadra in nerazzurro dal 1961 al 1963) proprio sulla panchina dell’Inter, chiudendo tuttavia il campionato 1974-75 con un deludente nono posto.
Al timone dell’Under 21 iberica conseguì il miglior risultato in qualità di tecnico, aggiudicandosi il campionato europeo di categoria nel 1986 ai rigori contro i pari età italiani. Da selezionatore della rappresentativa maggiore guidò invece le Furie Rosse ai Mondiali 1990, terminati con l’eliminazione contro la Jugoslavia negli ottavi di finale.
Dal gennaio al maggio 1992 assunse nuovamente la conduzione dell’Inter, rilevando il dimissionario Orrico: alla seconda parentesi da allenatore dei meneghini è legata la vicenda di Desideri, posto fuori rosa per aver insultato l’iberico dopo un gol segnato al Napoli. Sul piano agonistico la stagione culminò nell’ottavo posto, con conseguente esclusione dalle coppe continentali.
Entrato nei quadri dirigenziali della Beneamata a seguito dell’insediamento di Massimo Moratti alla presidenza, nell’autunno del medesimo anno sedette pro tempore in panchina per rilevare l’esonerato Ottavio Bianchi in attesa dell’ufficialità di Roy Hodgson. “Il calciatore perfetto che, con il suo talento, ha ispirato generazioni. Ciao, Luisito”, è il commiato social dell’Inter al suo indimenticato campione.
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