Torte e biscotti ancora caldi, poggiati sul davanzale della finestra, aspettando che si freddino. Una chiacchierata tra amiche, una confidenza, un pettegolezzo.
Tutto ciò accadeva a Montella, in Irpinia, tra le mura della vecchia e traballante casa di Leonarda Cianciulli. Ultima di sei figli, maledetta dalla madre dal giorno della sua nascita perché frutto di uno stupro.
Maledizioni che risuonarono per anni nella mente di Leonarda e che non tardarono ad arrivare, soprattutto dopo che rifiutò un matrimonio combinato per sposare l’uomo che amava.
Tredici furono i bambini che la donna perse durante la gravidanza ed in culla.
Disperata si rivolse ad una maga, chiedendole di aiutarla ad avere figli ma soprattutto a proteggerli ad ogni costo.
Riuscì poco dopo questo incontro a diventare finalmente madre. Gli anni passarono velocemente e i figli crebbero.Giuseppe, il maggiore, avrebbe da lì a poco ricevuto la chiamata al fronte e lei non poteva permettere che ciò accadesse.
Pensò quindi che i sacrifici umani fossero la soluzione più efficace. Cosa più della vita umana e del sangue avrebbe avuto valore?
Nonostante il suo carattere ribelle, “protagonista” sin da giovane di truffe e furti, nell’età adolescenziale, di certo non ci saremmo aspettati di trovarci dinanzi alla serial killer italiana più famosa del ‘900: “La saponificatrice di Correggio”.
Tra il 1938 e il 1940 Leonarda Cianciulli compì quindi tre omicidi, tre donne che ospitò a casa traendole in inganno. Si presentava come un’amica, una confidente, una consigliera, una predittrice del futuro, proprio per questo molte donne caddero nella sua sottile ma letale tela.
Il modus operandi fu il medesimo: Leonarda conquistava la fiducia delle vittime che addirittura le lasciavano tutti i loro averi. Dopo molteplici incontri, in un classico pomeriggio durante una delle loro conversazioni, approfittando della distrazione di queste ultime, le colpiva con un oggetto contundete, poi le scioglieva nella soda caustica che bolliva in pentola, ancora prima del loro arrivo.
Una volta che il corpo della vittima si scioglieva scaricava il fluido viscoso in un pozzo, conservandone soltanto il sangue ed una volta seccato lo macinava.
Una parte veniva usata per creare delle saponette profumate e cremose da regalare, l’altra come ingrediente “segreto” per dei biscotti che spesso faceva assaggiare alle amiche che le facevano visita e ai suoi familiari, incluso il figlio Giuseppe.
Tuttavia non fu difficile arrivare a lei. Si disse inizialmente che il figlio Giuseppe fosse parte attiva di questo suo piano, tuttavia venne assolto, per insufficienza di prove, in seguito al processo.
Per convincere la giuria di essere l’unica e sola responsabile, leggenda narra, la Cianciulli squartò un cadavere di una persona non identificata in soli dodici minuti. La realtà fu ben diversa, in realtà fu una simulazione effettuata grazie alla “collaborazione” di una detenuta che si offrì volontaria per la dimostrazione.
La difesa puntò tutto sulla totale infermità mentale. Leonarda Cianciulli fu condannata a 30 anni di carcere, tre dei quali passati in un istituto psichiatrico. Trascorse il resto della vita nel manicomio di Pozzuoli.
Morì il 15 Ottobre del 1970, venne sepolta nel cimitero della città. Oggi è possibile vedere gli attrezzi utilizzati da quest’ultima al Museo Criminologico di Roma.
Francesca Esposito
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