“Quella che si era prospettata come un’occasione di riscatto e di stabilità per le nostre famiglie, si è trasformata in un incubo”. È uno dei passaggi contenuti nella lettera che quattro ex scoibentatori dell’Isochimica di Avellino hanno inviato al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con la richiesta di essere ricevuti al Quirinale.
Dopo il processo penale in primo grado, nel quale furono condannati a dieci anni di reclusione ciascuno due dirigenti dell’azienda fondata da Elio Graziano e due ex dipendenti di Ferrovie dello Stato, il giudizio civile per i risarcimenti è fermo da cinque anni. Le vittime di patologie asbesto-correlate sono state 35 e, come scrivono Carlo Sessa, Antonio Olivieri, Mario Giordano e Claudio Fausto, “234 ex lavoratori si sono ammalati a causa della prolungata esposizione all’amianto. Tra questi, sistematicamente – ricordano gli ex scoibentatori – uno al mese sta perdendo la vita”.
Una tragedia che resta sotto traccia, aggiungono, anche perché non sostenuta dal clamore mediatico che “in altri drammi italiani ha favorito una più celere soluzione in via transattiva”. Gli ex lavoratori chiedono a Mattarella “giustizia per la nostra salute rubata e per il dolore patito dalle nostre famiglie”. L’esito paradossale che viene sottolineato è che nonostante il riconoscimento della condizione di “malati di Stato”, “siamo stati abbandonati dalle istituzioni nella prospettiva di una morte silenziosa e privati della nostra dignità di lavoratori e cittadini”.
Da qui la richiesta al presidente della Repubblica: “Confidiamo in lei per riaccendere la nostra speranza. Vorremmo raccontarle da vicino la sofferenza di chi è stato vittima per quarant’anni di un crimine di Stato”. L’Isochimica cominciò le sue produzioni nel centro di Avellino a Borgo Ferrovia nel 1982 e venne chiusa nel 1989 dal pretore di Firenze, Beniamino Deidda, competente in quanto le carrozze scoibentate ad Avellino erano destinate a Prato.
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